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Pignoramento stipendio: limiti

Pignoramento presso terzi: quando la busta paga si pignora fino a un quinto e quando invece valgono altri limiti a seconda della natura del debito.

Quando è in bilico lo stipendio del lavoratore è in gioco anche la sopravvivenza della sua stessa famiglia e, soprattutto, dei figli. Ecco perché non ci si deve scandalizzare se la legge pone dei limiti al pignoramento dello stipendio: questi non sono certo dettati per tutelare maggiormente il debitore nei confronti del creditore quanto piuttosto in ragione della necessità che l’importo riveste anche per altre persone che col debito non hanno nulla a che fare. Se quindi da un lato è vero che ciascuno è arbitro delle proprie azioni e chi contrae un debito deve sapere che ne risponde col proprio patrimonio presente e futuro, è anche vero che le conseguenze di tale situazione non possono arrivare a pregiudicare diritti fondamentali (posti su un piano superiore dalla stessa Costituzione) rispetto a quelli patrimoniali come il diritto alla vita, a un alloggio adeguato, alla nutrizione e al mantenimento dei bambini. I limiti al pignoramento dello stipendio sono rivolti quindi a salvaguardare questi beni essenziali dell’esistenza umana, sia del debitore che delle persone che dipendono da lui.

Perché i limiti al pignoramento non sono invece dettati anche per i lavoratori autonomi, i professionisti o gli imprenditori? Innanzitutto per una ragione di natura pratica: è impossibile determinarne a priori l’ammontare (si tenga peraltro conto che – senza peli sulla lingua – si tratta anche delle categorie di contribuenti maggiormente esposti al rischio “evasione fiscale”). In secondo luogo gli stipendi dei dipendenti (almeno nella concezione “storica” del nostro legislatore che forse, oggi, è anche un po’ anacronistica) sono di importo inferiore rispetto a chi esercita una attività “libera”.

Detto ciò, andiamo a vedere quali sono i limiti di pignoramento dello stipendio, fino a quali importi cioè può essere bloccata la busta paga del lavoratore dipendente.

Con una importante precisazione preliminare: gli stessi vincoli che qui di seguito vedremo sono anche riconosciuti per i lavoratori parasubordinati come, ad esempio, gli agenti di commercio monomandatari. 

Pignoramento stipendio: come avviene?

Prima di individuare quali sono i limiti di pignoramento dello stipendio vediamo come si svolge la procedura di esecuzione forzata. 

Come chiariremo meglio a breve, lo stipendio può essere pignorato in due momenti diversi ma alternativi (il creditore deve, cioè, scegliere o l’uno o l’altro):

  • prima che venga versato materialmente al dipendente: in tal caso l’atto di pignoramento viene notificato, oltre che al debitore, al datore di lavoro il quale procede alla trattenuta e consegna al dipendente, a fine mese, la retribuzione al netto dell’importo pignorato dal creditore;
  • dopo il versamento sul conto corrente del dipendente: in tal caso l’atto viene notificato sia alla banca che al debitore.

In entrambi i casi, si parla del cosiddetto pignoramento presso terzi. Ecco quali sono i relativi passaggi di tale procedimento quando l’atto esecutivo è notificato al datore di lavoro.

Tutto parte da un atto, detto appunto «atto di pignoramento» che l’avvocato del creditore consegna all’ufficiale giudiziario del tribunale competente e che questi, a sua volta, notifica sia al debitore che al suo datore di lavoro (un addetto alla posta della società). La notifica può avvenire sia tramite posta (cioè con raccomandata a/r) che a mani, tramite appunto la consegna diretta da parte dell’ufficiale giudiziario.

Non appena il datore di lavoro riceve l’atto di pignoramento è tenuto ad effettuare una trattenuta sullo stipendio secondo i limiti di cui parleremo nel successivo paragrafo. Difatti, come abbiamo anticipato, non tutto lo stipendio può essere pignorato ma solo una minima parte (di norma un quinto, salvo alcune eccezioni).

Nell’atto di pignoramento, il creditore invita il datore di lavoro a dichiarare l’ammontare della busta paga (il datore potrebbe anche comunicare l’intervenuta interruzione del rapporto di lavoro). Tale dichiarazione va inviata al difensore del creditore, entro 10 giorni, tramite raccomandata o Pec, specificando di quali somme è debitore e quando deve eseguire il pagamento.

Se il datore di lavoro non dà risposta, il creditore può – all’udienza che si tiene successivamente davanti al giudice dell’esecuzione, la cui data è riportata sull’atto stesso di pignoramento – chiedere un rinvio per far comparire direttamente il datore. A quel punto il giudice, preso atto della dichiarazione dell’azienda, provvede ad assegnare le somme al creditore.

Da questo momento in poi, il datore di lavoro è obbligato, per legge, a trattenere al massimo un quinto dello stipendio e versarlo direttamente al creditore finché il debito non sarà completamente saldato. 

Il datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta, è tenuto a indicare, nella certificazione unica (Cu), l’esistenza del pignoramento. A tal fine deve compilare la sezione «Somme liquidate a seguito di pignoramento presso terzi». 

Pignoramento stipendio: limiti

La regola generale vuole che lo stipendio possa essere pignorato fino a massimo un quinto. Ma sono previste numerose eccezioni. Vediamo quindi qui di seguito quali sono i limiti al pignoramento della busta paga. Dobbiamo distinguere le due differenti ipotesi di pignoramento presso il datore di lavoro o presso la banca ove il lavoratore ha il conto corrente.

Pignoramento dello stipendio in azienda: la regola generale

  • La regola generale nei confronti di tutti i creditori vuole che il pignoramento non possa essere superiore a un quinto dello stipendio ossia al 20%. Per quanto riguarda il calcolo dell’importo da trattenere, va considerata la retribuzione in busta paga, al netto delle ritenute previdenziali e di quelle fiscali.

Se sullo stesso stipendio arrivano più atti di pignoramento da parte di diversi creditori vale la regola dell’accodo; in pratica, i creditori successivi al primo devono attendere che il primo creditore sia soddisfatto, per poi poter a loro volta essere destinatari dei pagamenti del quinto dello stipendio. Tuttavia, se i debiti nascono da “cause diverse” è possibile il pignoramento contemporaneo, fino comunque a massimo un mezzo. Le cause di pignoramento sono tre:

  • debiti per imposte;
  • debiti per alimenti;
  • altri debiti (ad esempio fornitori, finanziarie, banche, controparti processuali, ecc.).

Ad esempio, una persona che ha contratto un debito con un vicino di casa per via di un danno procurato dalle infiltrazioni delle tubature e, nello stesso tempo, un debito con una finanziaria può subire un pignoramento fino a massimo un quinto. Si tratta infatti di debiti della stessa causa.

Se invece un debito è per ragioni alimentari e l’altro è per una bolletta non pagata, il pignoramento può essere di massimo un mezzo trattandosi di due cause diverse (la seconda e la terza).

Pignoramento dello stipendio per alimenti

Quando il debito nasce da alimenti dovuti per legge, il limite al pignoramento dello stipendio è di un terzo. Attenzione: gli alimenti non sono – come invece spesso si crede – il mantenimento all’ex coniuge. Si tratta invece di importi dovuti a familiari (anche eventualmente il marito o la moglie) necessari alla sua sopravvivenza quando questi è nell’impossibilità fisica e per salute di mantenersi e di sopravvivere. Leggi sul punto Come chiedere gli alimenti.

Pignoramento per debiti verso il datore di lavoro

Se il rapporto di lavoro è ancora in corso, il datore di lavoro che vanta dei crediti verso il proprio dipendente può operare una trattenuta di massimo un quinto. Se invece il rapporto di lavoro è cessato, il datore può compensare il proprio credito con tutte le somme da lui ancora dovute al dipendente come, ad esempio, l’ultima busta paga o il Tfr. Quindi, ad esempio, se il debito del lavoratore dovesse essere pari o superiore all’ultimo stipendio, esso non gli verrà erogato. Sul punto leggi Trattenuta oltre il quinto dello stipendio: è possibile?

Pignoramento per tasse dovute allo Stato, Province, Comuni e Regioni

La legge stabilisce il limite massimo di pignoramento di un quinto dello stipendio. Tuttavia, se il debito finisce in una cartella esattoriale notificata dall’agente della riscossione, sono previsti ulteriori e più stringenti limiti di pignoramento. In particolare:

  • se lo stipendio (o la pensione) non supera 2.500 euro: il limite al pignoramento è di 1/10 (un decimo);
  • se lo stipendio (o la pensione) supera 2.500 euro ma non supera 5.00 euro: il limite al pignoramento è di 1/7 (un settimo);
  • se lo stipendio (o la pensione) supera 5.000 euro: il limite al pignoramento è di 1/5 (un quinto).

In ogni caso l’ultimo stipendio non può mai essere pignorato.

Pignoramento dello stipendio in banca o alle poste

In questo caso vigono delle regole diverse (che sono le stesse anche per la pensione):

  • se lo stipendio è accreditato in data anteriore al pignoramento (si tratta cioè delle somme che sono già depositate sul conto al momento in cui arriva l’atto di pignoramento: è la cosiddetta giacenza bancaria): è pignorabile l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale. Si fa questa operazione: stipendio mensile – (misura massima assegno sociale mensile x 3) = somma pignorabile. Ad esempio: 1500 euro di stipendio – (448,07 x 3) = 155,79 euro;
  • se lo stipendio è accreditato alla data del pignoramento o successivamente (si tratta cioè delle somme che il datore di lavoro bonifica sul conto del dipendente mensilmente e dopo la notifica del pignoramento): è pignorabile l’intero stipendio nei seguenti limiti generali: a) per i crediti alimentari, nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o dal giudice delegato; b) per ogni altro credito nel limite di 1/5; c) per il pignoramento in concorso di più cause creditorie (alimenti, tributi, altre cause) fino alla metà dello stipendio.

FONTE: https://bit.ly/2IDbMzL

 

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