Professionisti e prelevamenti bancari non giustificati: presunzioni legali illegittime
La presunzione sui prelevamenti bancari non giustificati da parte dei professionisti non può scattare perché è incostituzionale; inoltre la Corte di Cassazione non può sindacare la decisione del giudice di merito che ha ritenuto giustificate le movimentazioni del contribuente sul proprio conto. A fornire questi interessanti chiarimenti e ad applicare, verosimilmente per la prima volta, la recente pronuncia della Consulta sulle indagini bancarie ai professionisti è la Cassazione, sezione Tributaria, con la sentenza n. 25295 depositata il 28 novembre 2014.
IL FATTO
Il caso trae origine da una sentenza con cui la CTR della Sicilia, in parziale accoglimento dell’appello proposto da un lavoratore autonomo, ha rideterminato il reddito ripreso a tassazione dall’Agenzia delle Entrate, relativo all’anno 2005, in euro 180.602,86.
La Corte territoriale, dopo avere richiamato i principi espressi dalla Corte di Cassazione in ordine alla rilevanza degli accertamenti bancari su conti correnti riferibili al contribuente e sulle relative movimentazioni bancarie ai fini della determinazione del reddito, ha ritenuto che il medesimo avesse dato parziali giustificazioni alle movimentazioni anzidette, riportando in motivazione parte delle difese relative ai singoli movimenti del conto corrente, sulla base delle quali la CTR ha ritenuto di potere accogliere parzialmente le richieste.
Ad avviso del Fisco, invece, le giustificazioni fornite dal contribuente alle movimentazioni bancarie utilizzate in sede di ripresa a tassazione non avevano superato lo stadio della mera allegazione, in quanto mancanti di riscontro istruttorio. Ragion per cui, ad avviso dell’Ufficio, la presunzione non era stata superata.
L’Agenzia delle Entrate lamentava, poi, che la pronuncia della CTR fosse viziata anche da omessa o insufficiente motivazione in quanto non si comprendevano le ragioni della ritenuta non imponibilità delle movimentazioni bancarie contestate.
LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE
La Corte di Cassazione respinge il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate. Innanzitutto la Suprema Corte evidenzia l’infondatezza del ricorso dell’Ufficio, comunque superato dalla recente decisione della Consulta (n. 228/2014), che ha ritenuto costituzionalmente illegittima la norma sulle indagini finanziarie, nella parte in cui prevede una presunzione legale di maggiori compensi se il professionista non è in grado di fornire indicazioni sui prelevamenti.
Quanto al secondo motivo di ricorso, precisano gli Ermellini come la sentenza della Corte territoriale non abbia omesso di esaminare la questione avendo ritenuto invece idonea la documentazione prodotta dal professionista in giudizio ai fini del superamento della presunzione. Questa motivazione di merito non può essere sindacata in sede di legittimità, da qui pertanto l’ulteriore motivo di rigetto del ricorso.

