Tutti i trucchi usati dal Fisco per spiare la nostra vita, non ci sarà scampo

“Chi non ha nulla da nascondere non ha nulla da temere”. Lo diceva anche George Orwell nel suo capolavoro 1984. Il problema è che, quando la fantasia diventa realtà, l’essere esposti al controllo di un «altro», in grado di giudicare costantemente le nostre azioni e la nostra vita, è un incubo che rende ancor più insopportabile la nostra quotidianità. Eppure, in materia fiscale, lo Stato italiano si è dotato di una strumentazione tale da far impallidire anche il Grande Fratello di orwelliana memoria. Ogni momento della nostra vita, dal 1° gennaio 2015 (e quindi con 31 anni di ritardo rispetto alle previsioni) può essere passato al setaccio. Non che si tratti di un controllo tipo l’agente della Stasi protagonista de “Le vite degli altri”, ma gli assomiglia molto. A voler essere meno enfatici, si può tranquillamente affermare che dallo scorso primo gennaio 2015 il cittadino italiano medio è sottoposto allo stesso «trattamento» di un qualsiasi imprenditore o commerciante, cioè ad uno studio di settore onni-pervasivo che misura se le sue entrate e il suo tenore di vita siano «congrui», cioè se non vi sia qualche risorsa segreta che viene sottratta al fisco, una discrepanza nascosta, un lato oscuro junghiano. Merito della Legge di Stabilità che consente ai funzionari dell’Agenzia delle Entrate di poter incrociare i dati di 128 banche dati pubbliche e verificare eventuali «anomalie» tra spese effettuate e reddito dichiarato. Mentre questo tipo di controlli, fino all’anno scorso, era riservato a soggetti a rischio-evasione, dal 2015 siamo tutti sulla stessa barca.
Ma quali sono queste 128 banche dati? C’è di tutto e di più: l’anagrafe dei Comuni, il catasto, il Pubblico registro automobilistico, gli archivi dell’Inps (non solo le assunzioni di dipendenti per le aziende ma anche quelle di colf e badanti), le Scia (segnalazioni certificate di inizio attività, di prammatica per le ristrutturazioni), i verbali delle ispezioni della Guardia di Finanza e così via. Ma la parte più importante è l’accesso ai nostri conti correnti. Non che l’Agenzia delle Entrate non potesse monitorare già da prima i nostri movimenti: il Sistema interscambio dati varato nel 2013 obbliga le banche a trasmettere i saldi all’inizio e alla fine dell’anno solare. Ora, anche la giacenza media dovrebbe essere oggetto di indagine e se si discosterà in modo significativo da quelle che sono le evidenze dei nostri 730, partiranno i controlli. Soprattutto se le nostre spese sono tracciabili (con assegni e carte di credito) e inducono a ritenere che il nostro tenore di vita sia superiore a quello che potremmo permetterci.
Facciamo due esempi molto pratici. Basta prendere l’ultima circolare dell’Agenzia delle Entrate. Si chiede agli intermediari finanziari, cioè alle banche, di fornire i dati sugli interessi passivi applicati ai contratti di mutuo, cioè la spesa che, per quanto riguarda la prima casa, si porta in deduzione dal 730, cioè si sottrae alla nostra base imponibile. Nel file che gli istituti di credito sono tenuti ad inviare ci sono le generalità del contribuente, l’importo del mutuo, il numero di rate pagate e l’ubicazione dell’immobile. Se vi fosse qualche incongruenza, le Entrate possono benissimo guardare il catasto giacché l’Agenzia del Territorio è stata accorpata nell’ente guidato da Rossella Orlandi. A questo punto, se sbaglieremo la nostra dichiarazione o se vorremo cambiare qualcosa nel 730 precompilato che da quest’anno arriverà a casa potrebbe iniziare anche per noi la via Crucis che commercianti e professionisti conoscono molto bene. A quel punto nulla vieta di verificare, in base al prestito della banca, se il prezzo pagato per la casa sia corrispondente al valore di mercato e se effettivamente una tale spesa fosse alla nostra portata. Se troppo basso, si potrebbe ipotizzare che fosse da ristrutturare. Ma abbiamo portato in detrazione quelle spese? E se non è stato fatto, è perché qualcosa è stata pagata in nero? E se, invece, fosse stata la compravendita ad avere qualche lato oscuro? Sono domande che si pongono in linea teorica: l’Agenzia delle Entrate non ha personale a sufficienza per passare al setaccio tutti questi minimi dettagli, ma è chiaro che se il sistema segnalasse potenziali anomalie, allora potrebbero essere dolori. È un po’ quello che succede con i famigerati controlli a tappeto della Guardia di Finanza. Ipotizziamo che un cittadino alla guida di un bel Suv venga fermato a un posto di blocco: patente, libretto e carta d’identità. I solerti finanzieri inviano i dati alla loro centrale operativa e all’Agenzia delle Entrate. A quel punto, se il proprietario risulta aver dichiarato un reddito di qualche decina di migliaia di euro, saranno lacrime e stridore di denti. Idem per i mezzi di lusso che risultano proprietà di aziende: la Finanza controlla il reddito dell’impresa. Se la vettura è intestata a un parente o a un amico, il controllo viene eseguito sul reddito dei proprietari. Motivo per il quale negli anni scorsi molti benestanti hanno rinunciato al «macchinone» per non avere seccature. E pensare che questa innovazione avrebbe pure uno scopo nobile: evitare che si acceda in maniera fraudolenta alle prestazioni sociali che prevedono diverse tariffe a seconda delle fasce di reddito, come l’iscrizione all’asilo o la retta universitaria, se l’indice di situazione economica equivalente – Isee – della propria famiglia è basso.
Il fatto è che la politica fiscale di Matteo Renzi è tutta impostata sulle teorie dell’ex ministro Vincenzo Visco (lo ricordate? Pubblicò su internet i redditi degli italiani), l’uomo per il quale tutti sono evasori. E contro l’evasione per Visco & C. non c’è che un rimedio: il terrore. Il futuro è fatto di monitoraggi. Così come nei sogni dell’ex ministro che si tramuteranno nei nostri incubi. Anche quelle che il governo sta presentando come «rivoluzioni» non sono che trappole mortali per la nostra libertà. Prendete l’abolizione dello scontrino fiscale. Che c’entra con il Grande Fratello? C’entra, c’entra. Prossimamente non ci sarà più bisogno di quel pezzettino di carta: le transazioni saranno inviate direttamente all’Agenzia delle Entrate che ne terrà conto per le nostre dichiarazioni precompilate. Ad esempio, se stiamo acquistando un farmaco, non ci sarà bisogno di portare con sé il tesserino sanitario perché, se paghiamo con il bancomat, l’Agenzia delle Entrate risale a noi e detrae la spesa dal nostro 730. Ecco, il trucco è tutto lì: disincentivare l’uso del contante e tracciare tutte le transazioni economiche. Eppure c’è chi non si sorprende di questo cambiamento. «Per i funzionari dell’Agenzia non cambierà assolutamente nulla», spiega Sebastiano Callipo, segretario generale di Confsal-Salfi, il principale sindacato dei dipendenti delle Entrate. «Lo scopo è aumentare l’autotassazione – aggiunge – facendo capire, con il sorriso, al contribuente che sappiamo tutto di lui e oltre un certo limite di evasione non può andare, ma questo schema non funziona con un sistema fiscale che finisce con l’accanirsi su lavoratori dipendenti e pensionati». Il sospetto che, in realtà, dietro tutte queste innovazioni ci sia solo la volontà di aumentare il gettito diventarsi una certezza. «La verità – afferma Callipo – è che lo Stato vuole dalle Entrate più di 20 miliardi e dobbiamo trovarli. Per questo motivo, ci sta trasformando da controllori in consulenti fiscali che devono spiegare ai cittadini che è bene dichiarare più tasse».
Casa, palestra, auto e gioielli: le spese da sorvegliati speciali
Pensiamoci per un attimo: quali investimenti realizzeremo e quanti sfizi vorremmo toglierci nel 2015, nonostante la crisi? A gennaio è forse arrivato il momento di cambiare il parquet della sala, di prendere finalmente quel divano in pelle da piazzare davanti al televisore full hd nuovo di zecca, per godersi gli spettacoli trasmessi dalle pay-tv a cui ci si è appena abbonati. Qualcun altro si preoccuperà dei propri figli, scegliendo la scuola giusta o un soggiorno di studio all’estero per perfezionare l’inglese dopo la laurea. E c’è pure chi penserà al futuro, stipulando un’assicurazione sulla vita o garantendosi una pensione complementare. Nulla di trascendentale, insomma, desideri che fanno parte della vita di tutti i giorni e che in molti avranno messo in preventivo già dal primo mese del 2015. Solo che mentre facciamo queste spese, o progettiamo di farle, finiamo sotto la lente del fisco. Lassù qualcuno ci controlla. E poi ci stanga. A 25mila italiani, presi nella morsa dei controlli incrociati, sta già arrivando il conto.
Allo Stato esattore possono bastare tre strumenti, se ben calibrati: redditometro, spesometro e trasmissione dei dati bancari. Braccia armate per stanare gli evasori «spudorati», come li aveva bollati nel 2013 Attilio Befera, ex direttore dell’Agenzia delle Entrate poi sostituito da Rossella Orlandi. Per essere fotografati dal mega obiettivo dell’Agenzia delle Entrate non c’ è bisogno di uscire di casa. Il Grande Fratello del fisco non è la novità nel palinsesto in tema di reality show, ma ciò che interessa milioni di contribuenti. Le quattro mura, quelle dell’abitazione principale come eventualmente delle altre, restano l’ambito di spesa preferito dagli italiani. Non si tratta solo, ovviamente, di quando si compra casa, si accende un mutuo o si liquidano gli intermediari immobiliari. Finiamo nel mirino dei controlli quando ristrutturiamo immobili o facciamo lavori di manutenzione ordinaria, acquistiamo nuovi elettrodomestici, arredi, paghiamo le utenze di luce e gas, il condominio, gli abbonamenti per il cellulare e per il telefono fisso, o appunto, alle pay-tv. E se vogliamo tenere sempre in ordine l’ambiente in cui viviamo e possiamo permetterci una colf, quanto e in quale modo è retribuita viene passato al setaccio.
Ma prima o poi bisognerà pur lasciare il nido domestico, e allora dipende da quale mezzo di trasporto utilizziamo per muoverci, per andare a lavoro, ad esempio. L’auto già in possesso o l’ultimo modello che abbiamo puntato in concessionaria, se utilizziamo vetture in leasing o a noleggio; o se giriamo in moto, per chi preferisce le due ruote. È tutto scritto nel Pubblico registro automobilistico, un libro sempre aperto per il fisco.
Persino rimettersi in forma o rilassarsi dopo una giornata in ufficio potrebbe essere motivo di stress, in una vita da sorvegliati speciali, dal momento che essere iscritti al circolo tennis esclusivo o a quella palestra particolarmente «in» può attirare, eccome, l’attenzione. Non parliamone, poi, quando la passione preferita è la barca (più o meno da nababbi) o l’equitazione. A proposito, fino al 2008 il cavallo era sinonimo di ricchezza assoluta, oggi non sarebbe più così. Secondo le tabelle del ministero il valore medio stimato («contenuto induttivo») di un cavallo è pari a 5 euro al giorno (1.825 euro l’anno) se mantenuto in proprio, fino a 10 euro al giorno (3.650 l’anno) se è mantenuto a pensione. Ma discorso analogo riguarda le spese veterinarie sostenute per gli animali domestici.
E se a gennaio cade l’anniversario di matrimonio, regalare quel diamante che sogna nostra moglie potrebbe far accendere i riflettori su di noi. Per gioielli e preziosi, come per tutti gli altri acquisti ritenuti di lusso (automobili sportive, abbigliamento d’alta moda, iscrizioni a club e circoli ricreativi) il redditometro va a incrociarsi con lo spesometro, che obbliga commercianti, imprese e operatori finanziari a comunicare entro aprile all’Agenzia delle Entrate le vendite registrate l’anno precedente con fattura, scontrino fiscale o ricevuta superiori a 3.000 o 3.600 euro. Tutte spese fatte con carte di credito o bancomat, posto il divieto all’utilizzo dei contanti per le transazioni superiori ai 999,99 euro. Una tripla rete di controllo a cui è quasi impossibile sfuggire.
Probabile, inoltre, che dopo le feste si abbia in programma di fare un salto in banca. Il guaio è che avvicinarsi allo sportello è come calpestare un terreno minato. La «super anagrafe» dei conti correnti – a regime dal gennaio scorso, anche se l’iter dei controlli è piuttosto lungo e complesso – fa sì che gli operatori finanziari (banche, Poste, sgr, eccetera) abbiano già inviato attraverso il Sid (Sistema di interscambio dati) le comunicazioni sui rapporti che intrattengono con i clienti: conti correnti o conti deposito, titoli, carte di credito o di debito, fondi comuni di investimento, certificati di deposito e buoni fruttiferi, cassette di sicurezza, compravendita di oro e metalli preziosi, operazioni extra-conto. Spiegano gli esperti, inondati in questi mesi dai dubbi dei risparmiatori, i cui vademecum proliferano in rete: non avrebbero nulla da temere i figli disoccupati che ricevono un bonifico o un assegno dai propri genitori; chi ha tanti soldi in banca ma può giustificarli con una vita di lavoro, con liquidazioni, eredità, vendite di case e di beni. Deve stare sul chi va là, al contrario, chi fa un numero ingiustificato ed eccessivo di versamenti o prelievi dal proprio conto, chi fa spese con bancomat o carta di credito non giustificabili con i propri introiti, chi presenta una consistente e difficilmente spiegabile differenza tra saldo iniziale e saldo finale del conto corrente, o chi accede troppe volte alle cassette di sicurezza.
Entra nel salotto di casa e ci fa compagnia nel tempo libero, spesso a nostra insaputa. Eccolo qui, il redditometro versione 2.0. In burocratese si scrive «accertamento sintetico di tipo induttivo». Scatta quando il reddito complessivo presunto – in base a indicatori di capacità contributiva che tengono conto di composizione familiare, età e area geografica – risulta superiore del 20% rispetto a quello dichiarato. In passato la soglia era del 25%. È stato concepito per colpire coloro che hanno un reddito consumato sproporzionato a fronte di una dichiarazione dei redditi esigua. La Orlandi, lady fisco, ha garantito: «Lo useremo sempre, anche se in modo meno avventuroso». Il nuovo redditometro indagherà esclusivamente sulle spese certe e su quelle per elementi certi, sulla quota di incremento patrimoniale imputabile al periodo d’imposta (ma non, invece, sulla quota di risparmio formatasi nell’anno). Il giudizio del Garante Privacy è stato superato, pur con un ridimensionamento: escluse dagli accertamenti le spese correnti determinate solo con la media Istat. Così almeno si salvano dalle «spiate» lo smartphone donato al nipotino per Natale, il cenone di San Silvestro al ristorante stellato, i vestiti e le scarpe che ci siamo concessi ai saldi, il costo dell’albergo e del viaggio per la settimana bianca.
Ancora per poco. Sono partite le prime lettere di accertamento per 25mila contribuenti, l’Agenzia delle Entrate le chiama «invito al contraddittorio», liste nere di sospetti evasori relative all’anno di imposta2010 (mentre in tutto il 2014 sono state circa 20mila, riferite al 2009). Quali spese folli avremo mai potuto permetterci quattro-cinque anni fa? È bene ricordarselo oggi con fatture, matrici degli assegni, scontrini ed estratti conto alla mano, nel caso in cui gli ispettori vogliano farci le pulci. E occorrerà difendersi in un doppio confronto, con l’inversione dell’onere della prova. Perché le voci di spesa monitorate dal fisco onnivoro sono oltre 100. Non c’è passo che compiamo che non venga «inquadrato» e «incrociato» da software e cervelloni informatici, praticamente ogni volta che apriamo il portafoglio. Attenzione, Big Brother Fisco ci guarda: conosce il nostro tenore di vita, sa quanto spendiamo e ci dirà se abbiamo fatto i furbetti.
I paletti della Privacy
Il redditometro esiste dal 1973, è stato potenziato con il decreto legge n. 78 del 2010 in vigore dal 2011. Dopo il recente parere del Garante della Privacy, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito, con circolare n. 6/E del marzo 2014, come procederà d’ora in poi: non utilizzerà nei nuovi accertamenti, né in fase di selezione né in sede di contraddittorio, le spese correnti determinate solo con la media Istat. Spiegano i Caf Cisl nel vademecum: alimenti, vestiti, medicinali, libri, trasporto, viaggi e cura della persona, giocattoli, hi-tech, computer e cellulari non possono essere considerati nel redditometro. Ma, avvertono, ci possono essere eccezioni: come le spese per arredi o elettrodomestici, se presenti negli archivi del fisco, perché pagati con carte di credito o strumenti tracciabili.
FONTE: http://bit.ly/1KFnGRs

L’ha ribloggato su Studio Seclì.
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