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Decreto Poletti, novità e conferme al secondo giro di boa

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Decreto Poletti, novità e conferme al secondo giro di boa

Dopo la bagarre dei grillini, che in Aula mandano in scena con catene, manette e magliette con la scritta «schiavi mai» l’ultima protesta contro la riforma, il decreto legge sul Lavoro ottiene la fiducia del Senato, e si appresta a tornare alla Camera per la terza lettura entro il 19 maggio. Il testo su cui l’esecutivo ha incassato la fiducia contiene una decina di modifiche frutto della mediazione tra le forze di maggioranza. Ma vediamo da vicino novità e conferme.

Norma-manifesto per semplificare i contratti a tempo indeterminato

Innanzitutto, il decreto acquista quello che può essere considerato un “preambolo”, fortemente voluto dal relatore Pietro Ichino (Scelta Civica) che apre la strada ad un processo di semplificazione e facilitazione del contratto a tempo indeterminato, che «costituisce e deve continuare a costituire la forma normale del rapporto di lavoro, recuperando terreno anche in termini quantitativi rispetto a quello a termine». Da qui il riferimento, inserito nel primo comma dell’articolo 1, all’introduzione in via sperimentale del contratto a tempo indeterminato a protezione crescente nell’ambito dell’altro pilastro del “Jobs Act”, ovvero il disegno di legge delega su contratti e ammortizzatori.

Sanzione al posto dell’obbligo di stabilizzazione

Nel passaggio al Senato, il decreto ha perso l’obbligo di stabilizzare i lavoratori con contratto a tempo determinato per le aziende che non rispettino il tetto del 20% di utilizzo di contratti precari rispetto al totale dei contratti a tempo indeterminato presenti in azienda. Al posto della stabilizzazione, è stata introdotta una sanzione amministrativa pecuniaria per le imprese inadempienti pari al 20% del 21mo contratto a tempo determinato per tutta la sua durata, che sale al 50% per i contratti successivi al 21mo.

Regime transitorio ed enti di ricerca

Le aziende che ad oggi superano il tetto del 20% dei contratti a termine avranno tempo fino alla fine del 2014 per mettersi in regola, a meno che il contratto collettivo applicabile sia più favorevole per quanto riguarda tetto percentuale e termini di adeguamento. Di un certo impatto anche la novità voluta da palazzo Madama per quanto riguarda gli enti di ricerca pubblici e privati, i cui contratti a tempo saranno esentati dall’applicazione del limite del 20 per cento. I contratti a tempo che hanno a oggetto in esclusiva attività di ricerca scientifica potranno inoltre superare i 36 mesi massimi.

Cosa cambia per l’apprendistato

Un altro nucleo di modifiche approvate con la fiducia riguarda l’apprendistato. In particolare, l’obbligo di stabilizzare il 20% degli apprendisti presenti in azienda prima di assumerne di nuovi è stato limitato alle realtà con più di 50 addetti (il tetto era di 30, nella versione del decreto approvata dalla Camera). Nelle aree dove è forte la richiesta di lavoro stagionale, le aziende avranno poi modo di stipulare contratti di apprendistato a tempo determinato (che dovrà comunque essere prevista nei contratti di lavoro collettivi), purché la Regione competente per territorio abbia previsto un percorso di alternanza scuola-lavoro. Altra novità riguarda la formazione legata all’apprendistato: le Regioni dovranno comunicare entro 45 giorni ai datori di lavoro le sedi e il calendario delle attività di formazione anche ricorrendo ad aziende ed associazioni di categoria solo se disponibili ad essere coinvolte.

Confermata acasualità e piano formativo scritto

Per il resto, la seconda lettura parlamentare non ha toccato i “cardini” della riforma, a cominciare da quella che può essere considerata una sorta di “rivoluzione copernicana” per l’istituto del contratto a termine: l’allungamento della “acausale”, cioè l’esenzione per il datore di lavoro dall’obbligo di indicare le ragioni per l’apposizione di un termine al rapporto, che passa da 12 mesi a 36 mesi. Quanto al regime delle proroghe, la riforma ora stabilisce che quelle possibili sono 5 nell’arco dei 36 mesi (a prescindere dal numero dei rinnovi). Confermato, tra gli altri, anche l’obbligo del piano formativo scritto per gli apprendisti, che era stato inizialmente cancellato dal dl. Il piano dovrà però essere redatto in forma sintetica e all’interno del contratto di apprendistato. Sempre con l’obbiettivo di semplificare le procedure, il piano formativo individuale può essere definito pure sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali. Il ritorno alla forma scritta del piano formativo è essenzialmente ai fini della prova.

FONTE: http://bit.ly/1g8KpnJ

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