Norme e Giurisprudenza

Nuove possibilità per ridurre la sanzione

Nuove possibilità per ridurre la sanzione

normativa

Chiarimenti dalla giurisprudenza di merito

La condotta dell’agente presenta una particolare tenuità riferibile al fatto che le infedeltà fiscali sono state ritenute direttamente imputabili al consulente fiscale e, quindi, non denotano una particolare attitudine soggettiva rivota all’evasione, riguardando in particolare spese che, se regolarmente dimostrate, presumibilmente avrebbero consentito il legittimo e pressoché completo abbattimento del reddito imponibile”.

Con tale affermazione, la Commissione Tributaria Regionale di Aosta, n. 34/14 del 07/01/2015, ha confermato le conclusioni espresse dalla precedente sentenza della Ctp, la quale aveva accolto la richiesta del contribuente di ridurre le sanzioni amministrative tributarie, in ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 7 del D.Lgs. 472/1997, perché l’asserita violazione di tenuta irregolare della contabilità era addebitabile al fiscalista che lo aveva assistito.

Criteri di determinazione della sanzione. In tema di determinazione della sanzione, il legislatore della riforma delle sanzioni amministrative tributarie ha previsto, all’art. 7, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 472/1997, che l’Autorità deputata all’irrogazione delle sanzioni medesime debba tener conto:
– della gravità della violazione, anche in relazione alla condotta attuata dal trasgressore;
– dell’opera da lui svolta per eliminare o attenuare le conseguenze;
– della sua personalità (desunta anche dai precedenti fiscali);
– delle sue condizioni economiche e sociali.

Ai sensi del successivo comma 4, in presenza di circostanze che rendano manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo.

La vicenda trattata dalla Ctp. La vicenda posta innanzi alla Commissione Provinciale di Aosta ha per oggetto diversi avvisi di accertamento scaturenti dal disconoscimento di una serie di costi utilizzati dal contribuente nella determinazione del reddito d’impresa.

Il Giudice di primo grado riteneva infondate le eccezioni di nullità degli avvisi, dando di fatto ragione all’Ufficio, per non aver il contribuente adeguatamente dimostrato l’inerenza dei costi medesimi.

Tuttavia, il medesimo giudice ha ritenuto operante, nel caso esaminato, la circostanza attenuante (sotto il mero profilo sanzionatorio) determinata dal combinato disposto dai commi 2 e 7 del citato art. 7 D.Lgs. n. 472/1997, poiché il contribuente era stato assistito dal proprio consulente fiscale in maniera approssimativa.

L’appello dell’Agenzia. L’Agenzia delle entrate appellava tale ultima statuizione chiedendone la riforma alla Ctr di Aosta, mentre il contribuente si costituiva proponendo appello incidentale reiterava, nella sostanza, i motivi dei ricorsi di primo grado.

I giudici di secondo grado, pronunciandosi innanzitutto sull’appello incidentale, offrono una diversa interpretazione del regime probatorio dell’inerenza all’attività d’impresa dei costi sostenuti, a seguito dell’ampliamento conseguente all’abrogazione del comma 6 dell’art. 75 del Tuir ad opera dell’art. 5 del D.P.R. n. 695/1996, prova che può essere fornita anche con mezzi diversi dalle scritture contabili, purché si tratti di elementi dotati dei requisiti della “certezza” e “precisione”, prescritti dal comma 4 del citato art. 75 del Tuir.

Sulla base di tale assunto, la Ctr riforma parzialmente la sentenza di primo grado, a favore del contribuente.

Violazioni imputabili al consulente. Ma il passaggio più significativo formulato dai giudici dell’appello è certamente quello inerente alla censura dell’Ufficio, ossia all’attenuazione della sanzione in precedenza riconosciuta dalla Ctp.

La Ctr condivide di fatto la tesi dei giudici di prime cure, ricordando che la valutazione della gravità della violazione, cui si richiama l’art. 7 del D.Lgs. n. 472/1997, non va effettuata solo sulla base dell’importanza oggettiva della norma violata, ma deve essere apprezzata anche con riferimento alle circostanze specifiche che hanno determinato tale violazione, nonché desunta dalla condotta dell’agente.

Nel caso esaminato viene riconosciuta una particolare tenuità nella condotta del contribuente per il fatto che le violazioni alla normativa tributaria sono da ritenersi imputabili direttamente al consulente fiscale, per cui al primo può, al più, essere imputata una culpa in eligendo, ovvero una culpa in vigilando.

Per tali circostanze, unite all’assenza di precedenti fiscali del contribuente, i giudici dell’appello ritengono compatibile l’applicazione, da parte della Ctp, del comma 4 in argomento al caso di specie, “poiché gli elementi che concorrono alla determinazione della sanzione, come sopra indicati, costituiscono un indice sintomatico per fa ritenere manifestamente sproporzionato il rapporto tra l’entità del tributo e le sanzioni”.

La responsabilità professionale del consulente. La tesi dei giudici valdostani, se da un lato può essere salutata positivamente dal contribuente che dispone così di un ulteriore mezzo di difesa contro gli avvisi di accertamento idoneo, quanto meno, a limitare la portata sanzionatoria degli stessi, dall’altro deve far riflettere i professionisti che svolgono, a favore del contribuente stesso, tutte quelle attività di consulenza tributaria che vanno dalla tenuta della contabilità, alla redazione del bilancio e delle dichiarazioni fiscali.

Alla luce di tale tesi, infatti, l’Agenzia potrebbe essere indotta ad applicare in modo più rigoroso l’art. 5 dello stesso D.Lgs. n. 472/1997, il quale esclude la responsabilità del professionista (eventualmente in concorso con il contribuente) solo per le violazioni, non determinate da dolo o colpa grave, commesse nell’esercizio dell’attività di consulenza tributaria e comportanti la soluzione di problemi di speciale difficoltà.

Come precisato nella Circolare ministeriale n. 180/E del 10/07/1998, la limitazione di tale responsabilità non riguarda, invece, lo svolgimento, da parte del professionista investito eventualmente anche di attività di vera e propria consulenza, di compiti di carattere esecutivo che non implichino la soluzione di problemi interpretativi o di compiti complessi; potrà ben rispondere, di conseguenza, della sanzione derivante dalla violazione del contribuente, il professionista cui sia imputabile, ad esempio una negligenza nella tenuta delle scritture contabili a lui affidate.

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