Luci e ombre sul lavoro accessorio
Allo stato attuale non è ancora possibile effettuare la comunicazione preventiva in maniera telematica alla DTL e permane incertezza sull’importo dei voucher
• al limite massimo del compenso che il prestatore può percepire;
• alla possibilità di remunerazione con i voucher dei soggetti percettori di prestazioni integrative del salario e/o di prestazioni a sostegno del reddito;
• all’obbligo di comunicazione preventiva in capo al committente;
• alla possibilità di acquisto esclusivamente telematica dei voucher da parte di committenti imprenditori o professionisti.
Stop comunicazione telematica – Peccato che alle parole non hanno dato seguito i fatti. E a confermare tale situazione è stato proprio l’INPS con la circolare n. 149 del 12 agosto 2015 che, nel fornire i primi chiarimenti sull’istituto del lavoro accessorio, ha confermato la temporanea sospensione della nuova modalità di comunicazione preventiva (Ministero del Lavoro nota protocollo n. 3337/2015).
Ricordiamo, a tal proposito, che l’art. 49, co. 3 del Decreto Legislativo in trattazione ha introdotto l’obbligo per i committenti imprenditori o professionisti di comunicare l’inizio della prestazione occasionale di tipo accessorio alla Direzione territoriale del Lavoro in maniera del tutto telematica, ivi compresi sms o posta elettronica. La comunicazione deve contenere:
• i dati anagrafici;
• il codice fiscale del lavoratore;
• il luogo della prestazione con riferimento a un arco temporale non superiore ai 30 giorni successivi.
Quindi, in attesa dei necessari approfondimenti in ordine all’attuazione dell’obbligo di legge e nelle more dell’attivazione delle relative procedure telematiche, i committenti potranno continuare ad assolvere a tale obbligo presso gli Istituti previdenziali secondo le procedure attualmente in uso, ossia: tramite Contact Center INPS/INAIL; fax gratuito e sito INPS. Con le medesime modalità vanno comunicate all’INAIL la cessazione anticipata della prestazione rispetto alla data originariamente indicata oppure l’inizio della prestazione in data successiva rispetto a quella inizialmente comunicata.
Incertezze importo voucher – Altro punto ancora in sospeso riguarda l’importo del singolo voucher il quale, a norma dell’art. 49, co. 1 deve essere fissato con apposito Decreto del MLPS, tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le diverse attività lavorative e delle risultanze istruttorie del confronto con le parti sociali.
Dunque in attesa dell’emanazione del Decreto, il valore nominale del buono orario è fissato in 10 euro e nel settore agricolo è pari all’importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Acquisto voucher – A completare lo scenario fin qui descritto, vi sono le nuove più rigide procedure di acquisto e attivazione dei buoni lavoro. Infatti, la circolare n. 149/2015 dell’INPS ha confermato – in accordo con quanto stabilito dal D.Lgs. n. 81/2015 – che coesistono due vie per l’acquisto dei buoni lavoro, differenzianti in base al soggetto che ne fa richiesta, ossia:
• committenti imprenditori o liberi professionisti;
• e committenti non imprenditori o professionisti.
In particolare, i primi possono acquistare i buoni esclusivamente attraverso:
• la procedura telematica INPS (cosiddetto voucher telematico);
• tabaccai che aderiscono alla convenzione INPS – FIT e tramite servizio internet Banking Intesa Sanpaolo;
• banche popolari abilitate.
Di converso, i committenti non imprenditori o professionisti possono continuare ad acquistare i buoni, oltreché attraverso i canali sopra descritti, anche presso gli Uffici Postali di tutto il territorio nazionale.
Nuovo limite – Infine, si segnala l’aumento del limite economico massimo percepibile dal prestatore di lavoro, che passa da 5.000 euro a 7.000 euro, con riferimento alla totalità dei committenti, nel corso di un anno civile (1° gennaio – 31 dicembre). Mentre la prestazione resa nei confronti di ciascun imprenditore commerciale o professionista, fermo restando il limite dei 7.000 euro annui, non può comunque superare i € 2.000 (€ 2.020 per l’anno 2015, ossia 2.693 euro lordi).
Tali importi sono annualmente rivalutati sulla base dell’indice Istat

