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Sussidi per disoccupati

Naspi, Asdi, Dis-Coll, reddito di cittadinanza, assegno di ricollocazione: quando si ha diritto alle prestazioni dell’Inps e quando si perdono.

Hai mai pensato come sarebbe la tua vita se perdessi il lavoro? Quello che sei riuscito a mettere via ti basterebbe per affrontare almeno un primo periodo, intanto che trovi un’altra possibilità? Se sei fortunato ed il nuovo posto salta fuori nell’arco di pochi mesi, tra Tfr e qualche risparmio forse ce la fai, anche se con qualche sacrificio. Il problema si pone se il tempo passa e non c’è nulla di nuovo all’orizzonte, se il mercato del lavoro non offre niente di concreto. È in queste situazioni quando più si sente il bisogno dei sussidi per disoccupati.

Quali sono questi sussidi? Si parla di Naspi, cioè di quello che una volta era conosciuto come assegno di disoccupazione. Ma anche di Dis-coll, che sarebbe (più o meno) l’equivalente alla Naspi per i collaboratori che perdono il lavoro non avendo avuto in precedenza un contratto subordinato. E ancora: l’Asdi, cioè l’assegno di disoccupazione e quello di ricollocazione. A tutto ciò, che già esisteva, ai sussidi per disoccupati si aggiunge l’ultimo arrivato: il reddito di cittadinanza.

E poi ci sono, comunque, dei bonus e degli sconti a cui ha diritto chi ha un reddito basso, come può essere, appunto, un disoccupato. Quindi sconti sulle bollette, esenzione dal ticket sanitario, aiuti per pagare l’affitto, bonus famiglie, ecc. Anche questi sono una forma di sussidio per disoccupati, anche se non sempre sotto forma di assegno da pagare direttamente all’interessato ma come agevolazione economica, che alla fine è la stessa cosa. Vediamo.

Sussidi per disoccupati: chi ne ha diritto?

Nell’ottica di non dare mai nulla per scontato, chi è il disoccupato che ha diritto ai sussidi? Viene considerato tale:

  • chi è stato licenziato;
  • chi ha finito un contratto di lavoro e non ha avuto il rinnovo dell’incarico;
  • chi si è dimesso per giusta causa (mobbing, molestie, ecc.);
  • chi si è dimesso durante il periodo di maternità;
  • chi ha un lavoro ma non guadagna più di 8.000 euro all’anno come dipendente o collaboratore o più di 4.800 euro come autonomo (disoccupati parziali).

Non viene considerato disoccupato e, quindi, non ha diritto ai sussidi chi si licenzia volontariamente senza giusta causa.

Sussidi per disoccupati: quando se ne ha diritto?

Per poter usufruire dei sussidi per disoccupati non basta essere rimasto a casa senza un lavoro per uno dei motivi sopra elencati. Occorre rendersi disponibili a cercare una nuova attività. Per questo, bisogna obbligatoriamente iscriversi al Centro per l’impiegoterritorialmente competente e presentare la dichiarazione di immediata disponibilità, la cosiddetta Did.

Con questa dichiarazione, il disoccupato si impegna a partecipare a corsi di formazione e di orientamento ed a cercare attivamente un nuovo lavoro. Non vale, dunque, sedersi in poltrona e attendere la manna dal cielo: bisogna darsi da fare.

Sussidi per disoccupati: la Naspi

Probabilmente il più popolare tra i sussidi per disoccupati è quello conosciuto come Naspi, cioè l’indennità che ha sostituito il vecchio assegno di disoccupazione. Si tratta di una prestazione che equivale alla metà delle settimane contribuite e pari al 75% della retribuzione imponibile media mensile degli ultimi 4 anni.

Nel dettaglio, il disoccupato ha diritto alla Naspi quando ha almeno 13 settimane di contributi versati negli ultimi 4 anni e almeno 3 giornate di lavoro nell’anno in corso.

Quanto si prende di Naspi? Il limite massimo erogabile è di 1.328,76 euro. Fino a 1.221,44 euro, se l’imponibile medio è superiore a questa cifra, l’indennità viene determinata in questo modo: 75% di 1.221,44 euro più il 25% della differenza tra 1.221,44 euro ed il maggiore importo fino alla soglia massima già citata di 1.328,76 euro.

C’è, però, un’eccezione e riguarda i disoccupati parziali. Lo ricordate? Sono quelli che non perdono il diritto alla disoccupazione (e quindi nemmeno alla Naspi) pur avendo un lavoro che garantisce un reddito inferiore a 8.000 euro se dipendenti o collaboratori oppure di 4.800 euro se autonomi. Bene, in questi casi la Naspi viene ridotta in misura pari all’80% del nuovo reddito.

Per approfondimenti, ti suggeriamo la nostra guida aggiornata sulla Naspi.

Sussidi per disoccupati; la Dis-Coll

Chi non è stato lavoratore dipendente o autonomo ma ha avuto un contratto di collaborazione (i cosiddetti «parasubordinati») hanno diritto alla Dis-Coll, cioè al sussidio per disoccupatiche li riguarda.

Per accedervi, il lavoratore deve avere:

  • tre mesi di contributi nell’anno precedente al termine della collaborazione;
  • un mese di contributi nell’anno in cui finisce il contratto.

L’alternativa a questi requisiti per avere la Dis-Coll è quella di avere avuto un contratto di collaborazione di almeno un mese nell’anno in corso che preveda un compenso pari alla metà della contribuzione minima mensile.

In linea generale, hanno diritto alla Dis-Coll i collaboratori iscritti alla gestione separata dell’Inps, pagando l’aliquota piena del 34,23%. Non possono pretendere questo sussidio:

  • i pensionati;
  • gli iscritti ad altre casse di previdenza (ad esempio l’Inpgi dei giornalisti);
  • i liberi professionisti;
  • gli autonomi occasionali;
  • amministratori, sindaci o revisori di società;
  • associazioni ed enti con o senza personalità giuridica;
  • membri di commissioni o collegi.

Quanto si prende di Dis-Coll? Il sussidio è pari al 75% dell’imponibile medio mensile, eccetto quando vengono superate determinate soglie.

Quanto dura la Dis-Coll? Il sussidio per i collaboratori disoccupati dura al massimo 6 mesi.

Per approfondimenti, ti suggeriamo la nostra guida aggiornata sulla Dis-Coll.

Sussidi per disoccupati: l’Asdi

Naspi, Dis-Coll ma anche Asdi. Quest’ultima sigla sta per «assegno di disoccupazione». Si tratta di un sussidio che spetta per un massimo di 6 mesi a chi ha concluso la Naspi e possiede questi requisiti:

  • ha lo stato di disoccupazione;
  • ha sottoscritto con il Centro per l’impiego il patto di servizio;
  • non ha richiesto la Naspi anticipata in un’unica soluzione;
  • appartiene ad un nucleo familiare con almeno un minorenne (anche se non è suo figlio) oppure ha almeno 55 anni di età;
  • non ha i requisiti per l’assegno sociale né per la pensione anticipata o di vecchiaia;
  • ha un Isee inferiore a 5.000 euro;
  • non ha percepito l’Aspi o la Mini Aspi (la vecchia indennità di disoccupazione) fino al 31 dicembre 2015;
  • non ha preso nel quinquennio precedente 20 mesi di Asdi;
  • non ha preso nell’anno precedente 6 mesi di Asdi.

Quanto si prende di Asdi? Questo sussidio per disoccupati è pari al 75% della Naspi. Si riduce all’80% del reddito se la nuova attività lavorativa produce un reddito fino a 8.000 euro per dipendenti e collaboratori o 4.800 euro per gli autonomi.

Sussidi per disoccupati: l’assegno di ricollocazione

L’assegno di ricollocazione è un sussidio per i disoccupati un tanto atipico rispetto a quelli che abbiamo visto fin qui. Nel senso che non si tratta di un assegno per pagare le spese del mese ma per aiutare a trovare un nuovo lavoro. Ecco perché «di ricollocazione». Altro non è che un voucher da spendere a questo scopo.

Ne ha diritto chi è disoccupato da almeno 4 mesi. Quindi, chi già percepisce la Naspi. L’assegno di ricollocazione viene erogato dall’Anpal, cioè l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro. L’importo del buono va dai 250 ai 5.000 euro da spendere nei servizi proposti dal Centro per l’impiego o dalle agenzie per il lavoro accreditate. In altre parole, non è un assegno da versare al lavoratore disoccupato ma a chi si occupa del suo reinserimento nel mercato del lavoro.

La domanda va presentata online sul sito dell’Anpal (anpal.gov.it) oppure presso il Centro per l’impiego, indicando l’ente dal quale si vuole avere assistenza per trovare una nuova occupazione. Entro 7 giorni, con i requisiti a posto, arriva la comunicazione. Il programma di reinserimento dura 6 mesi, con una proroga di altri eventuali 6 mesi.

Sussidi per disoccupati: il reddito di cittadinanza

Dal 2019, tra i sussidi per i disoccupati c’è anche il reddito di cittadinanza. È destinato a chi vive da solo ed ha un reddito inferiore ai 780 euro mensili. Se del nucleo familiare fa parte anche il coniuge, l’importo aumenta di 0,4, mentre se c’è un figlio minore aumenta di 0,2.

Tra i requisiti c’è quello del limite della dichiarazione Isee, che non deve essere superiore a 9.360 euro l’anno. Ma questo significa che chi non ha un lavoro prenderà 780 euro al mese? Li prenderà se vive da solo, deve pagare un affitto e non ha un reddito. Perché se è proprietario di una casa, il sussidio si ridurrà di 280 euro. Prenderà, cioè, 500 euro. Il colmo: questo il porto è inferiore al vecchio Rei, cioè al reddito di inclusione che ha preceduto quello di cittadinanza. A meno che stia pagando un mutuo: in questo caso, in virtù di una maggiorazione di 150 euro, si troverà un taglio di 130 euro anziché di 280. Insomma: avrà un sussidio pari a 650 euro.

Incidono anche sul reddito di cittadinanza:

  • il valore del patrimonio immobiliare oltre la prima casa di 30mila euro;
  • il valore del patrimonio mobiliare (quindi titoli, conti correnti, polizze assicurative) fino a 6mila euro per un single e fino a 10mila euro a seconda dei componenti del nucleo familiare.

Il valore è aumentato di 5mila euro per i disabili.

Requisiti indispensabili per accedere al reddito di cittadinanza sono:

  • essere attivamente alla ricerca di un lavoro;
  • partecipare e completare i corsi di formazione;
  • essere involontariamente disoccupati.

Per approfondimenti, trovi qui la guida più completa ed aggiornata sul reddito di cittadinanza.

Sussidi per disoccupati: quando si perdono?

Tanto si dà, tanto si toglie quando i requisiti per ottenere i sussidi per i disoccupati non ci sono più. Quando si perde il diritto a tutto ciò che abbiamo elencato prima? Succede quando:

  • per tre volte si registra l’assenza del lavoratore alle convocazioni o agli appuntamentiprevisti nel patto di servizio. Già alla prima assenza il trattamento mensile è decurtato di un quarto, alla seconda non viene corrisposta una mensilità;
  • per due volte si registra l’assenza del lavoratore il lavoratore alle iniziative di orientamento attivate nei suoi confronti (alla prima assenza si perde una mensilità);
  • il lavoratore è rioccupato come dipendente a tempo indeterminato o come collaboratore con reddito superiore a 8000 euro annui, o in una nuova attività di lavoro autonomo con reddito annuo superiori a 4800 euro;
  • si raggiungono i requisiti utili alla pensione;
  • il lavoratore inizia un’attività subordinata, autonoma o d’impresa per più di 6 mesi senza comunicarlo all’Inps entro 30 giorni (col modello Asdi- Com), a meno che la il datore di lavoro lo comunichi con modello Unilav.

FONTE: https://bit.ly/2TBlhjO

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