La colf ha diritto alla disoccupazione?

Anche i lavoratori domestici, come la generalità dei lavoratori, sono coperti dall’assicurazione contro la disoccupazione. La contribuzione di colf e badanti, difatti, copre le assicurazioni seguenti:
– invalidità, vecchiaia e superstiti (IVS);
– disoccupazione involontaria;
– assegno per il nucleo familiare (ANF);
– maternità;
– infortuni sul lavoro e malattie professionali (anche se il contributo è versato all’Inps, l’Istituto provvede al versamento del premio all’Inail);
– indennità antitubercolare.
Tuttavia, la nuova disoccupazione Naspi non può essere fruita da molti lavoratori domestici, a causa di quanto specificato in una recente circolare Inps [1]: un terzo del totale di colf e badanti attualmente attivi, circa 300.000 unità, sono, di fatto, fuori dal beneficio. Vediamo perché.
Naspi colf: chi ne ha diritto
La Naspi può essere fruita dai lavoratori che possiedono i seguenti requisiti:
– 13 settimane di contributi accreditate negli ultimi 4 anni;
– 30 giornate di effettivo lavoro nei 12 mesi precedenti la cessazione del rapporto.
È proprio quest’ultimo requisito, quello delle 30 giornate, ad essere stato specificato dall’Inps in maniera sfavorevole a moltissimi lavoratori domestici.
L’Istituto, difatti, nella citata circolare emanata lo scorso luglio ha chiarito che, per tale categoria, essendo difficile individuare quali siano le giornate effettivamente lavorate, all’interno di ciascuna settimana, il requisito delle 30 giornate debba essere trasformato nel possesso, nei 12 mesi precedenti alla disoccupazione, di 5 settimane con oltre 24 ore di lavoro.
Non è possibile, per l’Inps, individuare le giornate lavorate effettivamente, in quanto, con la Comunicazione di Assunzione, che il datore di lavoro effettua all’Istituto, sono rese note all’Ente, oltre alla retribuzione oraria o settimanale, solo le ore lavorative settimanali, senza indicazione della loro distribuzione all’interno delle singole giornate.
Nemmeno al momento del pagamento della contribuzione è possibile conoscere le effettive giornate lavorate: il versamento è, in effetti, effettuato ogni trimestre dal datore, ed è basato non sui giorni di attività, ma sulle ore effettivamente lavorate (che possono essere anche differenti da quelle contrattuali comunicate inizialmente all’Inps). Pertanto, in base alla liquidazione trimestrale dei contributi, è possibile conoscere solo il numero di settimane accreditate ogni mese.
In base al fatto che, perché una settimana sia considerata coperta, dal punto di vista contributivo, devono risultare entro la stessa almeno 24 ore lavorate, al posto del requisito delle 30 giornate di lavoro effettivo, per accedere alla Naspi, l’Inps ha stabilito il requisito del possesso di almeno 5 settimane di attività lavorativa, nei 12 mesi precedenti al termine del rapporto di lavoro.
Attenzione: è tassativo il fatto che debbano essere presenti almeno 24 ore in ciascuna settimana. Ciò significa che, se in una settimana sono state lavorate 40 ore, e in un’altra 20, non è possibile utilizzare le ore in eccedenza della prima settimana e spostarle nella seconda.
Disoccupazione colf: gli esclusi
In base a quanto esposto, è facile comprendere come mai gli esclusi dalla Naspi rappresentino oltre un terzo del totale dei lavoratori domestici in servizio: non sono molti, purtroppo, quelli che prestano attività oltre le 24 ore settimanali.
Qualora, invece, il lavoratore presti servizio presso due datori diversi, raggiungendo le 24 ore settimanali con la somma dei due contratti, la settimana risulterà coperta, poiché entrambi hanno l’obbligo del pagamento della contribuzione, in proporzione alle ore lavorate da ciascuno.
[1] Inps Circ. 142/2015.
FONTE: http://bit.ly/1Opysg1
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