Impresa familiare: quando si costituisce e come funziona?
Collaborazione dei familiari all’attività aziendale: quando e con quali modalità si realizza l’impresa familiare.
L’impresa familiare non è, in senso proprio, una tipologia d’impresa “ a sé stante”, come la ditta individuale e la società: parliamo d’impresa familiare, difatti, nel caso in cui il titolare si avvalga della collaborazione del coniuge, di parenti entro il terzo grado o di affini entro il secondo. Ai familiari collaboratori è riconosciuta una quota degli utili dell’impresa in cambio della collaborazione prestata [1].
Se l’impresa è gestita da entrambi i coniugi ed il regime adottato è di comunione dei beni, si parla d’impresa coniugale.
L’impresa familiare può essere di piccole, medie o grandi dimensioni e può avere come oggetto un’attività commerciale, industriale o agricola. Non è possibile, invece, esercitare attività bancaria e assicurativa.
È possibile applicare la disciplina dell’impresa familiare anche quando l’imprenditore ha costituito una società di fatto con terzi: in questo caso, l’applicazione della disciplina specifica è però limitata alla quota sociale.
Costituzione dell’impresa familiare
Per costituire un’impresa familiare non sono necessarie particolari formalità, anche se queste risultano opportune per dimostrarne l’esistenza.
La normativa fiscale, difatti, richiede, ai fini probatori, che l’impresa familiare sia realizzata mediante la stipula di un atto costitutivo scritto, che può consistere in un atto pubblico o in una scrittura privata autenticata.
La sussistenza dell’impresa familiare, comunque, si verifica quando questa è costituita dal titolare con la partecipazione di almeno un familiare e risulta da una manifestazione di volontà o da fatti concludenti.
Non essendo richiesta, per la validità, la stipula di un contratto, l’impresa familiare può dunque nascere anche per il semplice esercizio continuativo di un’attività economica da parte del titolare e di uno o più familiari.
Tipi di impresa familiare
Le tipologie di impresa familiare, come accennato, possono essere differenti:
– impresa coniugale gestita da entrambi i coniugi in comune: questo tipo di impresa familiare, detta impresa coniugale, si verifica quando i coniugi sono in regime di comunione dei beni e gestiscono entrambi l’attività; l’azienda può essere di tutti e due, oppure di uno solo dei coniugi ed ad essa possono collaborare i parenti dell’uno o dell’altro coniuge;
– impresa individuale di uno dei coniugi: in questo caso, all’impresa familiare collaborano l’altro coniuge o i familiari, che però non partecipano alla sua gestione;
– impresa individuale di uno dei membri della famiglia: in questa ipotesi, i familiari che collaborano hanno diritto, salvo pattuizione contraria, alla gestione dell’azienda e all’attribuzione dei diritti patrimoniali;
– impresa sociale di più membri della famiglia che la gestiscono in comune: in questa ipotesi, la disciplina dell’impresa familiare si applica a quei familiari che, pur collaborando, rimangono fuori dalla gestione imprenditoriale.
Rapporto di lavoro
Non in tutti i casi in cui un familiare collabora all’attività aziendale si può configurare un’impresa familiare: si tratta, in realtà, di una disciplina residuale, applicabile solo se non è già realizzato un diverso rapporto di lavoro. La sua finalità, difatti, è quella di offrire una tutela minima a quei rapporti lavorativi che si svolgono negli ambiti familiari e che non sono riconducibili al lavoro subordinato o autonomo: pertanto, l’esistenza di una collaborazione nell’ambito dell’impresa familiare deve essere dimostrata e non è mai presunta.
Diritti dei familiari partecipanti
Per la collaborazione prestata, i familiari hanno diritto:
– alla partecipazione agli utili;
– al mantenimento (indipendentemente dall’esistenza di utili e dalla convivenza col titolare);
– alla prelazione in caso di divisione ereditaria o trasferimento;
– alla tutela assicurativa e previdenziale (sono escluse dalla tutela previdenziale le sole collaborazioni occasionali, intendendosi per tali quelle che non superano i 90 giorni nell’anno).
Scioglimento dell’impresa familiare
Il titolare dell’impresa familiare ha il diritto sia di recedere dall’impresa che di determinarne la cessazione; gli altri familiari partecipanti hanno comunque diritto alla liquidazione della propria quota e al risarcimento del danno , per recesso ingiustificato.
Se, invece, è il familiare collaboratore a voler recedere, è sufficiente un comportamento concludente.
In caso di decesso del titolare, si determina la cessazione dell’impresa familiare ed il passaggio dei beni nell’asse ereditario; rispetto a tali beni i familiari partecipanti possiedono un diritto di credito, commisurato ad una quota degli utili e degli incrementi, oltre al diritto di prelazione sull’azienda.
[1] Art. 230 bis Cod. Civ.
FONTE: http://bit.ly/29NHjZg
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