Accordo di ristrutturazione del debito
Con l’accordo di ristrutturazione dei debiti il debitore in crisi si accorda con i creditori, che rappresentino almeno il 60% dei crediti, affinché questi rinuncino in tutto o in parte ai propri debiti.
L’accordo di ristrutturazione dei debiti è un mezzo di risanamento dell’impresa in crisi disciplinato dalla legge fallimentare [1] molto simile al concordato preventivo; serve per ridurre i debiti e tentare il risanamento aziendale. Si tratta, in estrema sintesi, di un accordo con tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti. Ai fini dell’accordo è necessario munirsi di una relazione di un professionista (di norma uno studio commercialistico) che attesti la veridicità dei dati aziendali e l’attuabilità dell’accordo stesso.
Il debitore, con l’ausilio del professionista, redige la proposta di accordo con i creditori aderenti (anche per i debiti con il fisco e con l’Inps), il cui contenuto è liberamente determinabile; invece, ai creditori non aderenti si deve assicurare l’integrale pagamento nei termini fissati dalla legge.
L’accordo va poi iscritto nel registro delle imprese e deve essere omologato dal tribunale.
Per facilitare l’utilizzo di tali accordi si ammette che l’impresa possa presentare una proposta di accordo (o preaccordo) per potere avere il tempo sufficiente a preparare la documentazione di legge, ottenendo una tutela anticipata del patrimonio.
I debiti che solitamente risultano oggetto dell’accordo di ristrutturazione sono i debiti commerciali (debiti verso fornitori), i debiti finanziari (debiti verso banche ed altri finanziatori) e i debiti tributari e previdenziali nei casi in cui la Pubblica Amministrazione rinunci a propri diritti di credito.
Modi di estinzione del debito con la ristrutturazione
Per estinguere il debito accumulato, il debitore può proporre una serie di soluzioni quali:
– il trasferimento al creditore di una o più attività; in tali casi il debitore procederà allo storno del valore contabile del debito estinto e del valore netto contabile dell’attività ceduta;
– la conversione del debito in capitale mediante il trasferimento al creditore di quote o azioni della società con conseguente aumento di capitale pari al valore contabile del debito senza rilevazione di utili o perdite da ristrutturazione;
– l’emissione di un prestito obbligazionario convertibile che impegna il creditore, a partire dalla data di sottoscrizione e al verificarsi di determinate condizioni, a sottoscrivere quote o azioni della società per un valore pari al debito contabile.
Vantaggi e svantaggi dell’accordo di ristrutturazione del debito
Diversi sono i vantaggi dell’accordo di ristrutturazione del debito. In particolare l’impresa debitrice:
- può far sospendere i pignoramenti chiedendo al tribunale un termine per trovare l’accordo con i creditori e preparare i documenti necessari (in caso di preaccordo o proposta di accordo);
- può continuare a gestire l’impresa senza che, come invece nel fallimento, ne venga spossessata;
- nel decidere il contenuto dell’accordo non è soggetta a vincoli particolari, salvo alcuni requisiti richiesti dalla legge;
- può ottenere finanziamenti per superare la crisi;
- durante la procedura vengono bloccati i pignoramenti e le azioni cautelari come le ipoteche;
- durante la procedura è esentata dall’applicazione delle norme societarie sulla riduzione di capitale per perdite e di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale;
- può chiedere di pagare i crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi;
- può concludere una transazione fiscale e previdenziale;
Quanto invece agli svantaggi per l’impresa ricordiamo che i creditori dissenzienti o non aderenti devono essere pagati per intero.
Chi può accedere all’accordo di ristrutturazione del debito?
Qualsiasi impresa commerciale (sia essa ditta individuale o società) o impresa agricola (anche se di piccole dimensioni) può accedere a questa procedura purché si trovi in uno stato di crisi ossia di insolvenza o di impossibilità di pagare, con metodi normali, i propri creditori. Difatti l’accordo di ristrutturazione è una alternativa al fallimento. La nozione di «stato di crisi» dovrebbe, però, ricomprendere una gamma molto vasta di situazioni, dall’insolvenza fino a ogni situazione di difficoltà e malessere economico-finanziario in cui l’impresa venga a trovarsi.
Il consenso dei creditori
L’accordo di ristrutturazione deve essere concordato con tanti creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti dell’impresa.
All’accordo possono partecipare sia i creditori chirografari sia i creditori privilegiati in base all’importo di cui sono titolari; l’accordo potrebbe dunque essere stipulato anche da un solo creditore. Non si effettua dunque un calcolo per teste.
Possono partecipare sia il fisco che gli enti previdenziali, essi devono però prestare il proprio consenso nel rispetto del procedimento previsto per la transazione fiscale e previdenziale.
I creditori estranei all’accordo (dissenzienti o non partecipanti ad esso) devono invece essere pagati integralmente e alle scadenze previste per come a breve vedremo.
La procedura di ristrutturazione del debito in sintesi
La procedura dell’accordo di ristrutturazione del debito consta di quattro fasi.
- la domanda del debitore al tribunale può prendere due vie principali che può avvenire in due forme: 1) l’accordo ordinario: in tal caso il debitore deposita la domanda di omologazione di un accordo stipulato con la maggioranza dei creditori; 2) il preaccordo o proposta di accordo: in tal caso il debitore chiede al tribunale di assegnargli un termine per concludere un accordo ai creditori certificando però che già esistono trattative con essi e presentando una relazione sull’attuabilità dell’accordo; in questo modo ottiene la sospensione delle esecuzioni forzate (pignoramenti).
- deposito dell’accordo e iscrizione dell’accordo medesimo;
- udienza per l’omologazione innanzi al tribunale. Nel corso dell’udienza il tribunale valuta la propria competenza a controllare la formale completezza della documentazione; verifica se esistono i presupposti per giungere a un accordo con almeno il 60% del ceto creditorio; verifica se esistono le condizioni per l’integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare;
- materiale esecuzione dell’accordo.
L’accordo con i creditori che accettano la proposta
L’impresa può liberamente negoziare con i singoli creditori le più diverse modalità di trattamento del loro credito, siano essi creditori ipotecari, privilegiati, chirografari, l’erario o gli enti previdenziali. Può essere previsto il soddisfacimento totale o parziale, la dilazione o la rinuncia anche totale al pagamento. In generale, l’accordo può prevedere un diverso trattamento dei creditori aderenti, con modalità e termini diversi di soddisfacimento per singoli creditori oppure per classi di creditori.
Quanto alle modalità di pagamento dei creditori l’accordo può prevedere:
- rinunce totali o parziali a uno o più crediti, oppure rinuncia totale o parziale agli interessi;
- transazioni;
- la conversione dei crediti in quote di capitale di una società con la sottoscrizione di azioni di una new company;
- dilazioni di pagamento, con o senza interessi dilatori;
- cessione parziale o totale dei beni in pagamento ai creditori, anche con clausole che attribuiscano loro pagamenti aggiuntivi se, in fase di attuazione, si raggiungano prefissati livelli di risultato economico (ad esempio un determinato ricavo sull’incasso dei crediti ceduti, se superano il livello previsto);
- cessione di crediti;
- cessione di rami d’azienda, eventualmente di quelli che non appartengono al core business dell’impresa.
Per i debiti con il Fisco o con gli enti previdenziali l’azienda può proporre un pagamento parziale o dilazionato.
Se alcuni debitori non accettano la proposta di ristrutturazione
I creditori che non accettano la proposta di ristrutturazione del debito o che non ne sono venuti a conoscenza vanno pagati per intero. Tuttavia, essi non possono pretendere il pagamento immediato ma dovranno attendere i seguenti termini:
- per i crediti già scaduti alla data di omologa dell’accordo: 120 giorni dalla data di omologazione dell’accordo;
- per i crediti non ancora scaduti alla data di omologa dell’accordo: 120 giorni dalla relativa scadenza.
L’accordo di ristrutturazione del debito con le banche
Se il debito dell’impresa in crisi è prevalentemente verso banche e intermediari finanziari questa può accordarsi con una maggioranza qualificata di tali creditori chiedendo poi l’estensione degli effetti di tale accordo anche ai creditori non aderenti.
Si tratta di un particolare tipo di accordo di ristrutturazione dei debiti introdotto nel 2015 [2]. In tal caso, l’accordo si applica anche ai creditori-banche che non accettano l’accordo.
L’accordo di ristrutturazione con banche e intermediari può essere concluso da un’impresa individuale o collettiva legittimata a stipulare un accordo di ristrutturazione (secondo la regole esaminate in precedenza) a condizione che essa abbia debiti verso banche e intermediari finanziari in misura non inferiore alla metà dell’indebitamento complessivo.
In questo caso però è necessario che i crediti delle banche e degli intermediari finanziari aderenti rappresentino il 75% dei crediti della categoria stessa.
Raggiunto l’accordo il debitore, con il ricorso per l’omologazione, può chiedere al tribunale che gli effetti dell’accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria.
Perché l’accordo possa essere esteso anche ai creditori-banche non aderenti è necessario il rispetto di due condizioni:
- tutti i creditori della categoria devono essere informati dell’avvio delle trattative;
- tutti i creditori della categoria devono essere messi in condizione di partecipare alle trattative in buona fede.
Perché possa riconoscersi la sussistenza di trattative in buona fede, secondo il tribunale di Milano [3] è necessario che l’imprenditore proponente abbia fatto presente ai creditori bancari o intermediari finanziari che la proposta si inserisce nell’ambito di un accordo ex articolo 182 septies della legge fallimentare e abbia riferito sullo stato delle trattative con gli altri creditori.
Secondo i giudici milanesi, infatti, solo l’esplicita informazione durante le trattative circa il tipo di accordo proposto se con o senza estensione degli effetti e quindi sulle diverse ricadute di efficacia sui creditori non aderenti, oltre che sullo stato delle trattative con gli altri creditori bancari, rappresentano una corretta informativa. Queste informazioni, sempre ad avviso del Tribunale milanese, consentono infatti ai creditori di assumere una consapevole scelta in ordine alla proposta e alle eventuali scelte difensive (opposizione) da adottare.
In fase di omologazione degli accordi di ristrutturazione, il controllo dei tribunali chiamati a estendere agli intermediari finanziari non aderenti gli effetti dell’accordo, si concentra sulla verifica dell’omogeneità delle categorie e sulla buona fede adottata dal debitore durante le trattative volte alla conclusione degli accordi stessi.
In via generale i giudici chiamati ad applicare l’istituto sono concordi nel ritenere che il legislatore abbia inteso perseguire il disegno di rendere gli accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari, piuttosto che contratti, ulteriori procedure concorsuali di stampo negoziale da affiancarsi ai concordati preventivi.
Per l’estensione degli effetti, in deroga ai principi generali in materia di contratti, due sono i presupposti fondamentali: l’omogeneità di interessi economici e di posizione giuridica delle categorie con le quale il debitore scompone i creditori partecipanti e la buona fede nelle trattative che precedono la conclusione dell’accordo.
note
[1] Art. 182 bis legge fallimentare:
Accordi di ristrutturazione dei debiti
1.L’imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all’articolo 161, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d) sulla veridicità dei dati aziendali e sull’attuabilità dell’accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei nei rispetto dei seguenti termini:
a)entro cento venti giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data;
b)entro cento venti giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione.
2.L’accordo è pubblicato nel registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione.
3.Dalla data della pubblicazione e per sessanta giorni i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, né acquisire titoli di prelazione se non concordati. Si applica l’articolo 168 secondo comma.
4.Entro trenta giorni dalla pubblicazione i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizione. Il tribunale, decise le opposizioni, procede all’omologazione in camera di consiglio con decreto motivato.
5.Il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello ai sensi dell’art. 183, in quanto applicabile, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese.
6.Il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive di cui al terzo comma può essere richiesto dall’imprenditore anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell’accordo di cui al presente articolo, depositando presso il tribunale competente ai sensi dell’articolo 9 la documentazione di cui all’articolo 161, primo e secondo comma, lettere a), b), c) e d), e una proposta di accordo corredata da una dichiarazione dell’imprenditore, avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e da una dichiarazione del professionista avente i requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), circa la idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare. L’istanza di sospensione di cui al presente comma è pubblicata nel registro delle imprese e produce l’effetto del divieto di inizio o prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari, nonché del divieto di acquisire titoli di prelazione, se non concordati, dalla pubblicazione.
7.Il tribunale, verificata la completezza della documentazione depositata, fissa con decreto l’udienza entro il termine di trenta giorni dal deposito dell’istanza di cui al sesto comma, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. Nel corso dell’udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui al primo comma e delle condizioni per l’integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare, dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prelazione se non concordati assegnando il termine di non oltre sessanta giorni per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista a norma del primo comma. Il decreto del precedente periodo è reclamabile a norma del quinto comma in quanto applicabile.
8.A seguito del deposito di un accordo di ristrutturazione dei debiti nei termini assegnati dal tribunale trovano applicazione le disposizioni di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma. Se nel medesimo termine è depositata una domanda di concordato preventivo, si conservano gli effetti di cui ai commi sesto e settimo.
[2] Art. 182 septies legge fall.
Accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di moratoria.
1.Quando un’impresa ha debiti verso banche e intermediari finanziari in misura non inferiore alla metà dell’indebitamento complessivo, la disciplina di cui all’articolo 182-bis, in deroga agli articoli 1372 e 1411 del codice civile, è integrata dalle disposizioni contenute nei commi secondo, terzo e quarto. Restano fermi i diritti dei creditori diversi da banche e intermediari finanziari.
2.L’accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis può individuare una o più categorie tra i creditori di cui al primo comma che abbiano fra loro posizione giuridica e interessi economici omogenei. In tal caso, con il ricorso di cui al primo comma di tale articolo, il debitore può chiedere che gli effetti dell’accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, quando tutti i creditori della categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e i crediti delle banche e degli intermediari finanziari aderenti rappresentino il settantacinque per cento dei crediti della categoria. Una banca o un intermediario finanziario può essere titolare di crediti inseriti in più di una categoria.
3.Ai fini di cui al precedente comma non si tiene conto delle ipoteche giudiziali iscritte dalle banche o dagli intermediari finanziari nei novanta giorni che precedono la data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese.
4.Il debitore, oltre agli adempimenti pubblicitari già previsti, deve notificare il ricorso e la documentazione di cui al primo comma dell’articolo 182-bis alle banche e agli intermediari finanziari ai quali chiede di estendere gli effetti dell’accordo. Per costoro il termine per proporre l’opposizione di cui al quarto comma del medesimo articolo decorre dalla data della notificazione del ricorso. Il tribunale procede all’omologazione previo accertamento, avvalendosi ove occorra di un ausiliario, che le trattative si siano svolte in buona fede e che le banche e gli intermediari finanziari ai quali il debitore chiede di estendere gli effetti dell’accordo:
a)abbiano posizione giuridica e interessi economici omogenei rispetto a quelli delle banche e degli intermediari finanziari aderenti;
b)abbiano ricevuto complete ed aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sull’accordo e sui suoi effetti, e siano stati messi in condizione di partecipare alle trattative;
c)possano risultare soddisfatti, in base all’accordo, in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.
5.Quando fra l’impresa debitrice e una o più banche o intermediari finanziari viene stipulata una convenzione diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi attraverso una moratoria temporanea dei crediti nei confronti di una o più banche o intermediari finanziari e sia raggiunta la maggioranza di cui al secondo comma, la convenzione di moratoria, in deroga agli articoli 1372 e 1411 del codice civile, produce effetti anche nei confronti delle banche e degli intermediari finanziari non aderenti se questi siano stati informati dell’avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede, e un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), attesti l’omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici fra i creditori interessati dalla moratoria.
6.Nel caso previsto dal comma precedente, le banche e gli intermediari finanziari non aderenti alla convenzione possono proporre opposizione entro trenta giorni dalla comunicazione della convenzione stipulata, accompagnata dalla relazione del professionista designato a norma dell’articolo 67, terzo comma, lettera d). La comunicazione deve essere effettuata, alternativamente, mediante lettera raccomandata o posta elettronica certificata. Con l’opposizione, la banca o l’intermediario finanziario può chiedere che la convenzione non produca effetti nei suoi confronti. Il tribunale, con decreto motivato, decide sulle opposizioni, verificando la sussistenza delle condizioni di cui al comma quarto, terzo periodo. Nel termine di quindici giorni dalla comunicazione, il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello, ai sensi dell’articolo 183.
7.In nessun caso, per effetto degli accordi e convenzioni di cui ai commi precedenti, ai creditori non aderenti possono essere imposti l’esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l’erogazione di nuovi finanziamenti. Agli effetti del presente articolo non è considerata nuova prestazione la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati.
8.La relazione dell’ausiliario è trasmessa a norma dell’articolo 161, quinto comma.
[3] Trib. Milano, decr. del 28.01.2016.
FONTE: http://bit.ly/2jmD9xP
L’ha ribloggato su Studio Seclì.
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