Quando si può chiedere il Tfr?
Anticipazione del Tfr, Tfr in busta paga, licenziamento e dimissioni: in quali casi spetta la liquidazione.
Il Tfr, trattamento di fine rapporto, comunemente noto come liquidazione, non spetta soltanto nel momento in cui termina il rapporto di lavoro: vi sono dei casi, difatti, in cui può essere richiesta una sua quota nel corso del rapporto di lavoro, per particolari esigenze come l’acquisto della prima casa o spese sanitarie straordinarie. Inoltre, sino a giugno 2018 è possibile scegliere di ricevere la quota Tfr che matura ogni mese direttamente in busta paga.
Ma procediamo per ordine e vediamo tutti i casi in cui il lavoratore può chiedere il Tfr.
Tfr: che cos’è
Il Tfr non è, come molti credono, un indennizzo versato dal datore di lavoro per il licenziamento (questa era la sua funzione originaria), ma fa parte a tutti gli effetti della retribuzione del lavoratore. Si tratta, infatti, di una retribuzione differita (per semplificare, ogni anno matura un ammontare pari alla retribuzione imponibile diviso 13,5), che matura tutti i mesi ma viene corrisposta al termine del rapporto, salvo il caso in cui:
- il lavoratore abbia richiesto di ricevere il Tfr in busta paga;
- il lavoratore abbia richiesto un’anticipazione del Tfr (nel qual caso gli spetterà la liquidazione residua, al netto di quanto già percepito);
- il lavoratore abbia scelto di destinare il Tfr a un fondo di previdenza complementare (in questo caso potrebbe comunque ricevere sia le anticipazioni che tutta la liquidazione, ma devono verificarsi determinate situazioni; in particolare per ricevere tutto il Tfr il lavoratore deve essere disoccupato per oltre 48 mesi: per approfondimenti, si veda Tfr al fondo di previdenza complementare, quando può essere liquidato?).
Tfr: licenziamento e dimissioni
Come abbiamo detto, il Tfr non è un’indennità a cui si ha diritto in caso di licenziamento, ma fa parte della retribuzione spettante al lavoratore. Pertanto, non è rilevante per quale motivo è terminato il rapporto di lavoro, in quanto il dipendente ha diritto alla liquidazione in tutti i casi, anche nelle ipotesi di:
- licenziamento disciplinare;
- licenziamento per giusta causa;
- dimissioni, anche non per giusta causa.
Anticipazione del Tfr: quando può essere richiesta?
Innanzitutto va detto che l’anticipazione del Tfr non può essere superiore al 70% della quota di liquidazione maturata, che il lavoratore deve avere almeno 8 anni di anzianità di servizio presso lo stesso datore di lavoro e che il datore di lavoro è tenuto a soddisfare le richieste di anticipazione:
- entro i limiti del 10% degli aventi titolo (lavoratori cioè con almeno 8 anni di anzianità);
- comunque nella misura del 4%del numero totale dei dipendenti.
In pratica, perché vi sia in capo al datore di lavoro un obbligo di corresponsione dell’anticipazione, il numero dei dipendenti deve essere almeno pari a 25 (25 x 4%= 1).
Questa interpretazione è stata confermata anche dalla Corte di Cassazione [1], che ha affermato che le disposizioni contenute nel codice civile [2], riguardo all’anticipazione del Tfr, non operano riguardo a imprese con un esiguo numero di dipendenti.
Ad ogni modo, il datore di lavoro è libero di accogliere la richiesta di anticipazione anche quando non vi è tenuto: il codice civile, difatti, concede la possibilità di richiedere una sola anticipazione nel corso del rapporto di lavoro, alle condizioni appena esposte, ma permette poi ai contratti collettivi o a patti individuali di prevedere condizioni di miglior favore.
Anticipazione Tfr: in quali casi?
Vediamo ora i casi in cui può essere chiesta l’anticipazione del Tfr:
- spese sanitarie per terapie e interventi straordinari;
- acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli;
- fruizione dei congedi parentali, di formazione e di formazione continua; questa ipotesi non è prevista dal codice civile, ma dal testo unico Maternità/Paternità [3], che specifica che l’anticipazione debba essere corrisposta unitamente alla retribuzione relativa al mese che precede la data di inizio del congedo.
I contratti collettivi possono prevedere ulteriori ipotesi. Altri casi possono essere previsti anche quando il Tfr è devoluto a un fondo di previdenza complementare (in generale i requisiti per accedere alle anticipazioni dal fondo sono molto più elastici).
Tfr in busta paga
Possono chiedere il Tfr in busta paga (Quir, quota integrativa della retribuzione) i lavoratori con anzianità di servizio superiore ai 6 mesi. Sono escluse però le seguenti categorie di lavoratori:
- lavoratori domestici;
- dipendenti del settore agricolo, a prescindere dalla specifica qualifica (operai, impiegati, dirigenti, ecc.);
- dipendenti cui le leggi o i contratti collettivi, anche di 2° livello, prevedono la corresponsione periodica del Tfr oppure l’accantonamento presso terzi (come nell’edilizia);
- dipendenti di datori di lavoro sottoposti a procedure concorsuali, o che abbiano iscritto un piano di risanamento o un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti;
- lavoratori di unità produttive in cui siano in corso interventi di integrazione salariale straordinaria (Cigs).
Inoltre, non possono chiedere Il Tfr in busta i lavoratori che hanno già usato il Tfr come garanzia di finanziamenti (fino alla fine del contratto di finanziamento).
Possono invece chiedere la liquidazione in busta paga coloro che hanno destinato parte della liquidazione a forme di previdenza complementare.
Il Tfr in busta, o quota integrativa della retribuzione che viene anticipata è pari alla quota della liquidazione che matura ogni mese, al netto della detrazione eventualmente spettante al datore di lavoro. La tassazione sul Tfr in busta paga, però, è quella ordinaria, non quella separata, più vantaggiosa, alla quale vengono sottoposti il Tfr e le sue anticipazioni.
[1] Cass. sent. n. 2749/1992.
[2] Art.2120 Cod. Civ.
[3] Art.7, Co.1, Dlgs 151/2001.
FONTE: http://bit.ly/2kwr7VL
L’ha ribloggato su Studio Seclì.
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