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Come recuperare un credito da lavoro?

Come recuperare un credito da lavoro?

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Temo che mio datore di lavoro non mi paghi i contributi e il tfr. Rientro nell’opzione donna e dovrò aspettare la finestra di un anno. Cosa mi conviene fare?

La lettrice non deve preoccuparsi circa la possibilità di andare in pensione con l’opzione donna, in quanto l’Inps è obbligato comunque ad erogare il trattamento pensionistico spettante al lavoratore, anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro e purché il diritto al trattamento pensionistico maturi entro 5 anni dall’omissione contributiva. Sarà poi onere ed obbligo dell’ente, dopo aver versato la pensione al beneficiario, agire nei confronti del datore inadempiente per recuperare quanto versato. Il consiglio è, comunque, di rivolgersi all’Inps, munita dei prospetti paga relativi al periodo cui si riferisce il mancato versamento dei contributi, facendo presente l’omissione del suo datore di lavoro, in modo anche da poter avere precise informazioni sul punto dall’ente stesso.

In ogni caso, al fine di evitare il perpetrarsi dell’omissione contributiva e, soprattutto, al fine di ottenere il pagamento delle retribuzioni che ancora spettano, si consigliano alla lettrice le seguenti soluzioni, graduate in base alla sua volontà di mantenere rapporti più o meno pacifici con il suo datore. Innanzitutto può rivolgersi alla Direzione Territoriale del Lavoro (Dtl), promuovendo un tentativo di conciliazione facoltativo presso la relativa commissione. In pratica, dovrà presentare anche personalmente (il procedimento non richiede la necessaria assistenza dell’avvocato) al relativo ufficio, una richiesta scritta di convocazione della commissione di conciliazione. In genere, ogni Dtl ha dei modelli prestampati da compilare; diversamente, bisognerà indicare i nomi delle parti, la natura del rapporto di lavoro; il credito maturato e le buste paga non corrisposte. La richiesta è gratuita. La commissione comunicherà successivamente alle parti una data di convocazione e, in quella sede, assistite da un rappresentante ciascuno, le parti verranno stimolate a trovare un accordo. Se in tale sede la lettrice e il suo datore troveranno un accordo, il relativo verbale potrà considerarsi titolo esecutivo nei confronti del datore stesso, quindi, se quest’ultimo non manterrà gli impegni presi con la conciliazione, ella avrà un documento munito della stessa efficacia di una sentenza non più modificabile o impugnabile.

In alternativa a quanto sopra, se la lettrice ritiene di voler agire in modo più incisivo nei confronti del suo datore, può presentarsi presso la Direzione Territoriale del Lavoro e chiedere una conciliazione monocratica. Si tratta di un procedimento sempre facoltativo e volto a trovare una intesa tra le parti ma, a differenza del precedente, qualora esso fallisca, gli ispettori del lavoro procederanno ad una verifica presso la sede del datore di lavoro per accertare che questi non abbia violato le norme lavoristiche e sui contributi. L’eventuale violazione potrebbe portare a sanzioni particolarmente severe e alte. Ciò potrebbe spingere il datore a trovare un accordo e/o a pagare quanto dovuto.

Infine, documentando il suo credito con le buste paga mensilmente rilasciatele e relative alle mensilità non pagate, può chiedere a un avvocato di presentare ricorso per decreto ingiuntivo. Si tratta di un procedimento molto celere (circa tre/sei mesi, a seconda del tribunale), che consente di ottenere dal tribunale – solo mediante il deposito dei documenti – un ordine di pagamento nei confronti del datore di lavoro, il quale avrà 40 giorni dalla notifica del decreto per decidere se pagare, se non pagare (e subire un’esecuzione forzata, quindi un pignoramento dei propri beni e/o crediti), oppure se opporsi al decreto stesso. Trattandosi di crediti derivanti da rapporto di lavoro, il decreto ingiuntivo verrebbe dichiarato provvisoriamente esecutivo, il che consentirebbe di agire subito (decorsi 10 giorni anziché 40 dalla notifica del decreto) in esecuzione forzata e, quindi, di pignorare beni e crediti del suo datore, anche in caso di opposizione dell’azienda al decreto del giudice.

Il consiglio è quello di monitorare la situazione economica del datore, tenendo d’occhio i crediti che la sua azienda vanta verso terzi, la capienza dei conti correnti intestati alla società, i beni di proprietà della società e, a seconda del tipo di società in cui lavora (sas, snc, ditta individuale, ecc…), dei soci. Questi sono tutti dati indispensabili nel caso in cui dovesse in futuro pignorare i beni o crediti aziendali (e/o dei soci illimitatamente responsabili) per recuperare il credito.

FONTE: http://bit.ly/2ly8jph

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