Se c’è consenso oppure la contrattazione collettiva lo prevede, si può essere costretti a lavorare anche la domenica.
Quasi nessuno va a lavorare con piacere: figurarsi, poi, lavorare la domenica! Sembra strano, ma sono sempre più numerosi i casi in cui i datori chiedono ai propri dipendenti di lavorare anche durante il giorno festivo per eccellenza. Si pensi ai centri commerciali o alle grandi catene di negozi, interessati a mantenere le saracinesche aperte approfittando del maggiore flusso di persone. Se, perciò, ti stai chiedendo «sono obbligato a lavorare la domenica?», questo articolo potrebbe interessarti.
Il lavoro domenicale
Il lavoro domenicale è argomento spinoso: la legge italiana, infatti, non impone la domenica quale giorno di riposo obbligatorio. La normativa di riferimento stabilisce soltanto la durata del riposo settimanale, pari a ventiquattro ore consecutive ogni sette giorni, da sommare alle ore di riposo giornaliero, per un totale effettivo di trentacinque ore, da intendersi come media ogni quattordici giorni [1]. Secondo la legge, il riposo settimanale può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica in diverse circostanze: una di queste, ad esempio, è quella in cui vi siano servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ad esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività, ovvero ancora sia di pubblica utilità.
Anche la Costituzione, sensibile al tema del lavoro, prevede il diritto al riposo settimanale, oltre a quello annuale [2]. Il codice civile, poi, stabilisce che, di norma, il riposo settimanale debba coincidere con la domenica [3].
Quella appena vista è solamente una normativa d’indirizzo, specificata, nel dettaglio, dalla contrattazione collettiva. I contratti collettivi nazionali (CCNL), a loro volta, generalmente contengono soltanto la disciplina-quadro, rinviando per la regolamentazione dettagliata ai contratti di secondo livello, ovvero territoriali, ed ai contratti collettivi aziendali.
Dunque, non esiste una disciplina unica ed uniforme per l’intero territorio nazionale: le regole cambiano non solo da settore a settore (terziario, industriale, ecc.), ma anche a seconda del territorio o dell’impresa di appartenenza.
Lavoro domenicale: quando è possibile
Nel 2011, il governo Monti [4] ha di fatto completamente liberalizzato il settore del commercio, abolendo tra l’altro le restrizioni, sino allora esistenti, all’apertura domenicale e festiva degli esercizi commerciali. Si può quindi affermare, sulla base della normativa vigente, che la richiesta di prestazione di lavoro domenicale da parte del datore di lavoro non può essere disattesa dal lavoratore, salvo che individualmente il lavoratore abbia concordato l’astensione dal lavoro in tale giorno (e salva, ovviamente, la contrattazione di settore). Il datore, comunque, dovrà provvedere a comunicare con congruo anticipo al lavoratore il giorno festivo in cui dovrà lavorare, oltre ad essere obbligato a versargli una maggiorazione, variabile a seconda del contratto collettivo applicato e delle integrazioni di secondo livello maggiormente favorevoli al dipendente.
In linea generale, quindi, è possibile dire che, affinché il datore di lavoro possa esigere la prestazione domenicale, devono esistere le seguenti condizioni:
- l’attività esercitata deve essere di pubblica utilità, deve soddisfare un interesse rilevante per la collettività oppure devono sussistere, per l’impresa, esigenze tecniche ed organizzativemotivate;
- la data in cui il lavoratore deve effettuare la prestazione festiva deve essere comunicata con un congruo preavviso;
- deve sussistere il consenso da parte del lavoratore o, in alternativa, deve esservi un accordo collettivo, nazionale, territoriale ed aziendale, che preveda la prestazione festiva.
Diverso, invece, è il caso del lavoro festivo infrasettimanale: in questo caso, il lavoratore non può mai essere obbligato alla prestazione.
Obbligo di lavoro domenicale: esenzioni
Ci sono delle categorie di soggetti che possono legittimamente rifiutarsi di lavorare nelle domeniche o nei festivi, e precisamente:
- i genitori di minori al di sotto dei tre anni;
- i dipendenti che assistono portatori di handicap, se conviventi;
- i lavoratori che assistono persone non autosufficienti, titolari di assegno di accompagnamento, qualora conviventi;
- i dipendenti portatori di handicap grave secondo la legge n. 104/92;
- altre categorie di lavoratori, secondo quanto stabilito dal secondo livello di contrattazione.
[1] Art. 9, D.Lgs. n. 66/2003 (come modificato dal D.L. n. 112/2008)
[2] Art. 36 Cost.
[3] Art. 2109 cod. civ.
[4] D.L. n. 201/2011 (cosiddetto decreto Salva Italia).
FONTE: http://bit.ly/2AgUaUV