Il datore di lavoro può obbligare il dipendente a fruire delle ferie e dei permessi cumulati?
Hai una gran quantità di ferie e permessi arretrati e il datore di lavoro ti vuole obbligare a smaltirli? Può farlo, ma rispettando dei precisi limiti, per quanto riguarda le ferie, mentre per quanto riguarda i permessi vi deve essere un apposito accordo.
Ferie e permessi, in effetti, pur essendo degli istituti molto simili, hanno delle finalità diverse: quella delle ferie è reintegrare le energie psicofisiche spese nella prestazione lavorativa e partecipare alla vita familiare e sociale, mentre i permessi hanno finalità differenti a seconda della tipologia (i permessi ex festività, ad esempio, compensano delle vecchie giornate festive abolite).
Ma procediamo per ordine e vediamo in quali casi il lavoratore è obbligato a smaltire ferie e permessi arretrati.
Smaltimento forzato ferie arretrate
In primo luogo, bisogna sapere che, nonostante le ferie siano solitamente concordate tra dipendente e datore di lavoro, è quest’ultimo ad avere il potere di decidere la collocazione del periodo di vacanza: il codice civile [1], infatti, dispone che sia il datore di lavoro a stabilire il periodo annuale di ferie retribuite, possibilmente continuativo, nel rispetto del periodo minimo previsto dalle leggi [2] e dalla contrattazione collettiva.
In pratica, il datore di lavoro può scegliere l’esatta collocazione del periodo di ferie del dipendente anche senza il suo consenso, purché:
- tenga conto anche delle esigenze del lavoratore;
- assicuri il godimento del periodo minimo di 2 settimane di ferie previsto dalla legge nell’anno di maturazione, o del maggiore periodo stabilito dal contratto collettivo;
- assicuri che il restante periodo di ferie sia goduto entro i successivi 18 mesidall’anno di maturazione, salvo diversa previsione del ccnl (contratto collettivo nazionale);
- comunichi al lavoratore con sufficiente e congruo anticipo la collocazione del periodo spettante.
Fatta questa doverosa premessa, bisogna aver specificamente riguardo all’ipotesi in cui l’azienda voglia collocare forzatamente in ferie il dipendente. Su questo aspetto occorre fare attenzione, in quanto, da una parte, può essere considerata legittima l’imposizione, da parte del datore di lavoro, della fruizione delle ferie correnti (ossia delle ferie infra-annuali) ma, dall’altra parte, la stessa imposizione può risultare illegittima tutte le volte in cui abbia a riguardo un periodo di ferie, corrente o pregresso, particolarmente lungo.
Smaltimento delle ferie arretrate e forzata inattività
Il datore di lavoro, a tal proposito, uniformandosi alle disposizioni di legge, deve valutare sia le esigenze organizzative sia le esigenze del lavoratore, senza perdere di vista la finalità delle ferie, ossia il recupero psico-fisico. In buona sostanza, più sono le alternative di fruizione del periodo di ferie offerte al lavoratore, più evidente appare la correttezza e la buona fede dell’azienda e, di conseguenza, maggiori saranno le probabilità che l’eventuale rifiuto alla fruizione delle ferie opposto dal lavoratore risulti illegittimo.
Bisogna poi considerare che la volontà dell’azienda di imporre la fruizione dell’intero periodo di ferie maturate dal lavoratore, non può porsi in contrasto con quanto stabilito dal codice civile [3] in merito all’inattività forzata: la norma, difatti, dispone che il lavoratore ha diritto di svolgere le proprie mansioni e di non essere lasciato in condizioni di forzata inattività e senza assegnazione di compiti, anche se retribuito.
La violazione di questo diritto obbliga il datore di lavoro a risarcire il danno, tranne nelle ipotesi in cui lo stesso dimostri che la condotta sia derivata da una causa a lui non imputabile: deve cioè dimostrare che l’inattività forzata non possa essere evitata.
Smaltimento forzato permessi arretrati
Se l’azienda impone non soltanto la fruizione delle ferie, ma anche la fruizione dei permessi arretrati, bisogna innanzitutto ricordare che sono solo le ferie, secondo le previsioni normative, ad essere irrinunciabili e a non poter essere monetizzabili, cioè sostituite da un’indennità(salvo l’ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro e l’ipotesi di ferie previste dalla contrattazione collettiva in misura superiore alle ferie previste per legge); l’irrinunciabilità ed il divieto di monetizzazione non valgono, invece, per i permessi retribuiti.
I permessi retribuiti, difatti, sono previsti dai contratti collettivi e non dalla legge (salvo quelli che sono concessi per specifiche finalità meritevoli di particolare tutela, come i permessi Legge 104). Trattandosi, dunque, di un istituto contrattuale, la cui regolamentazione è rimessa alla disciplina stabilita dalle parti, i permessi rientrano tra i diritti disponibili del lavoratore, dal momento che non vi è alcuna previsione di legge che ne preveda l’indisponibilità.
In merito alla data entro cui i permessi retribuiti vanno smaltiti, ciascun contratto collettivo prevede una disciplina differente: dal ccnl Metalmeccanica industria, ad esempio, emerge che i par (permessi annui retribuiti) non goduti entro l’anno di maturazione sono accantonati per ulteriori 24 mesi, decorsi i quali sono automaticamente liquidati. Lo stesso vale per i permessi accantonati in banca ore.
Nessun contratto collettivo dà all’azienda il potere di obbligare il dipendente alla fruizione dei permessi arretrati, ma da numerosi contratti emerge che lo smaltimento di ferie e permessi retribuiti residui può essere effettuato secondo appositi accordi che il datore di lavoro deve stipulare con le rappresentanze sindacali.
In buona sostanza, per quanto riguarda la fruizione dei permessi retribuiti, l’azienda non può obbligare unilateralmente il dipendente alla fruizione; il dipendente deve però rispettare eventuali accordi sindacali in merito, se esistenti. In ogni caso, salvo accordi differenti, alla data di scadenza dei permessi retribuiti o banca ore, questi non possono essere più accantonati ma devono essere liquidati.
[1] Art.2109 Cod. Civ.
[2] DLgs. n. 66/2003.
[3] Art. 2130 Cod. Civ.
FONTE: http://bit.ly/2BcI40J