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Lavoratore non partecipa ai corsi di formazione: che rischia?

Non sussiste demansionamento se il lavoratore viene ammesso a un lavoro di grado più basso ma si rifiuti di effettuare corsi professionalizzanti.

Una recente sentenza della Cassazione spiega che rischia il lavoratore che non partecipa ai corsi di formazione [1].

Spesso visti come una perdita di tempo, una formalità espletata più per un formale dovere imposto dalla legge, i corsi di formazione mirano invece a garantire al lavoratore la giusta e necessaria professionalizzazione, anche ai fini dell’avanzamento di carriera. Senza di questi, infatti, il dipendente può essere ritenuto non più in grado di svolgere le mansioni che gli sono proprie.

Il datore di lavoro ha ampi poteri di sanzionare il lavoratore che non partecipa ai corsi di formazione per l’aggiornamento professionale. Può, ad esempio, disporre delle sanzioni disciplinari, così come, nei casi più gravi, il licenziamento. Questa seconda soluzione si attaglia più ai casi del dipendente che, con la scusa di dover partecipare ai corsi, non si presenta né a questi, né al lavoro. 

Del resto, per partecipare ai corsi di formazione e di aggiornamento il dipendente gode di appositi permessi retribuiti sul lavoro. E non c’è dubbio – come già in passato sottolineato dalla giurisprudenza – che il comportamento del dipendente che utilizza dei permessi per degli scopi diversi da quelli a cui sono finalizzati è da considerare grave.

In un precedente dell’anno scorso [2], la Cassazione aveva ritenuto corretta la soluzione adottata da un datore di lavoro di risolvere definitivamente il rapporto di lavoro con il dipendente recidivo all’obbligo di aggiornarsi per come impostogli dall’azienda. Leggi sul punto Assente al corso di formazione: cosa si rischia? Insomma, chi non partecipa ai corsi di aggiornamento professionale per più di una volta può rischiare il licenziamento

In ogni caso sarà sempre bene confrontarsi con quanto disposto dal Contratto collettivo di categoria (CCNL) per verificare se, in esso, sono previste specifiche conseguenze per tale illecito disciplinare. Potrebbe, ad esempio, essere previsto un procedimento disciplinare per scarso rendimento.

Una soluzione confacente alla conservazione del posto di lavoro e, nello stesso tempo, agli interessi dell’azienda, sarebbe quella di demansionare il dipendente, soluzione ritenuta legittima dalla Cassazione nella sentenza in commento. 

Nessun illegittimo demansionamento può infatti dirsi perpetrato ai danni del lavoratore dipendente atteso che l’attribuzione di mansioni di natura meramente esecutiva rispetto a quelle corrispondenti al proprio profilo di appartenenza dipende dal rifiuto dello stesso lavoratore di partecipare ai corsi di aggiornamento professionale, indispensabili per acquisire le conoscenze idonee all’espletamento delle mansioni corrispondenti al predetto profilo.

Del resto, l’indiscutibile potere del datore di lavoro di imporre la partecipazione ai corsi di formazione è il contraltare alle sanzioni che il datore stesso rischia se non organizza tali attività che, in alcuni casi, sono imposte dalla legge. Si pensi all’art.37 co.1 del D.Lgs 81/08 che impone a tutti i lavoratori di seguire un corso di formazione e informazione sui rischi dell’attività lavorativa (formazione generale e specifica). Il datore di lavoro è tenuto a fornirla a proprie spese e nell’orario di lavoro. Per mancata formazione è previsto l’arresto da due a quattro mesi o ammenda da 1.474,21 a 6.388,23 euro. E lo stesso vale per la figura degli addetti alla prevenzione incendi e al primo soccorso, che devono ricevere anch’essi una formazione per ricoprire tali ruoli. 

Ma il datore di lavoro può imporre la partecipazione ai corsi di formazione anche laddove non richiesti dalla legge, quando ad esempio c’è da formare il personale per via delle evoluzioni tecniche delle mansioni, circa l’utilizzo di nuovi macchinari, computer, procedure, ecc. 

Anzi, il potere del datore di imporre la partecipazione ai suddetti aggiornamenti professionali è la diretta conseguenza dell’altro suo potere di stabilire le modalità della prestazione lavorativa e quindi di sanzionare il dipendente che non rispetta le direttive aziendali. Del resto un lavoratore formato svolge meglio e più velocemente le proprie mansioni.

Insomma, partecipare a un corso di formazione – obbligatorio o meno che sia – purché imposto dal datore di lavoro, è un dovere non dissimile da quello di svolgere le proprie mansioni quotidiane nel migliore dei modi.

note

[1] Cass. sent. n. 11050/2020.

[2] Cass. ord. n. 138/19 del 7.01.2019.

FONTE: https://bit.ly/3d2u6wx

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