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Straining: responsabilità del datore di lavoro

Cosa fare in caso di straining: chiarimenti giurisprudenziali in caso di sindrome depressiva.

I due più frequenti illeciti che commette il datore di lavoro nei confronti del dipendente sono il mobbing e lo straining. Entrambi si caratterizzano per un atteggiamento vessatorio prolungato, ma se nel primo caso è necessario dimostrare l’intento persecutorio che accomuna tutti gli atti, nel secondo non è richiesta questa prova. Ecco che allora la prova dello straining è più facile rispetto a quella del mobbing. In entrambi i casi il dipendente può vantare il diritto al risarcimento nella misura in cui riesce a dimostrare di aver subito un danno.

La giurisprudenza si è spesso occupata di spiegare qual è la responsabilità del datore di lavoro in caso di straining. Cerchiamo di fornire alcuni chiarimenti alla luce del più recente orientamento della Cassazione [1]. Ma procediamo con ordine.  

Cos’è lo straining e quali sono le sue conseguenze per i lavoratori?

Lo straining si verifica quando un dipendente subisce stress eccessivo sul posto di lavoro, che può portare a conseguenze negative per la sua salute mentale, come la sindrome depressiva. 

La parola straining deriva dall’inglese to strain e può essere tradotto come “tendere”, “mettere sotto pressione” o “stringere”. Il concetto è stato introdotto dal Dottor Harald Ege, uno studioso di Psicologia del lavoro, che ha notato come alcune vittime di soprusi sul lavoro subissero comportamenti ingiusti e discriminatori, ma senza la ripetitività tipica del mobbing.

Lo straining si risolve quindi in un comportamento illecito posto dal datore di lavoro, caratterizzato da un’azione di molestia singola e isolata, con l’obiettivo di mettere la vittima sotto pressione fisica o psicologica. A differenza del mobbing, lo straining non prevede la continuità delle azioni vessatorie

In alcuni casi, il datore di lavoro può essere ritenuto responsabile per le condizioni che hanno causato lo straining e potrebbe essere obbligato a risarcire il lavoratore per i danni subiti.

Esempi tipici di straining includono demansionamento, dequalificazione, isolamento, privazione degli strumenti di lavoro, costrizione all’inattività, marginalizzazione dall’attività lavorativa ed esclusione dal flusso di informazione. Un lavoratore che subisce una di queste situazioni potrebbe risentirne in termini di autostima, relazioni sociali e qualità della vita.

Lo straining causa uno stato di stress psicologico più intenso rispetto allo stress lavorativo normale, che è intrinseco alla natura del lavoro stesso.  Poiché lo straining non presenta la continuità e ripetitività delle azioni ostili tipiche del mobbing, le persone che lo subiscono potrebbero non essere protette dalla legge in modo simile a chi è vittima di mobbing: il risarcimento è quindi inferiore.

Quali sono gli elementi necessari per configurare lo straining?

Per configurare lo straining, è necessario dimostrare che il lavoratore abbia subito comportamenti stressogeni scientemente attuati da parte del datore di lavoro o dei suoi rappresentanti. Inoltre, è importante che tali comportamenti abbiano causato un danno concreto e rilevante al lavoratore, come una sindrome depressiva. Senza la prova del danno, la semplice dimostrazione del comportamento illegittimo non è sufficiente per ottenere il risarcimento.

Come si valuta la responsabilità del datore di lavoro nello straining?

La responsabilità del datore di lavoro nello straining viene valutata in base alla presenza di colpa nella gestione del personale e nell’organizzazione del lavoro. Se il datore di lavoro ha agito correttamente e senza intenzioni vessatorie, la responsabilità può essere esclusa, anche se il lavoratore ha sviluppato una sindrome depressiva.

Cosa dice la giurisprudenza riguardo allo straining?

La Cassazione [1] ha respinto il ricorso di una dipendente del ministero che chiedeva un risarcimento per comportamenti mobbizzanti o lesivi posti in essere da un suo superiore gerarchico. La Corte ha ritenuto che le condizioni ordinariamente usuranti dell’attività in un contesto organizzativo gerarchico non si possono addossare all’impresa se mancano gli estremi della colpa.

La Suprema corte, nel respingere la domanda, ha affermato che è configurabile lo straining quando vi siano comportamenti stressogeni scientemente attuati nei confronti di un dipendente, anche se manchi la pluralità delle azioni vessatorie o esse siano limitate nel numero. Si resta invece al di fuori della responsabilità ove i pregiudizi derivino dalla qualità intrinsecamente e inevitabilmente usurante dell’ordinaria prestazione lavorativa o tutto si riduca a meri disagi o lesioni di interessi privi di qualsiasi consistenza e gravità, come tali non risarcibili. 

Quali sono gli esempi pratici di comportamenti stressogeni che possono configurare lo straining?

Esempi di comportamenti stressogeni che possono configurare lo straining sono:

imposizione di carichi di lavoro eccessivi e irragionevoli;

  • umiliazioni o discriminazioni sul posto di lavoro;
  • esclusione sistematica dalle decisioni importanti o dai progetti di lavoro;
  • pressioni indebite per il raggiungimento di obiettivi irrealistici.

FAQ Straining

In quali situazioni lo straining non è configurabile?

Lo straining non è configurabile quando le condizioni di stress e disagio sono dovute all’ordinaria prestazione lavorativa o a situazioni inevitabilmente usuranti in un contesto organizzativo e gerarchico. Inoltre, non è configurabile se il lavoratore ha sviluppato una sindrome depressiva a causa di una reazione soggettiva alle decisioni organizzative, senza che siano presenti gli estremi della colpa da parte del datore di lavoro.

Qual è il ruolo del datore di lavoro nella prevenzione dello straining?

Il datore di lavoro ha il dovere di garantire un ambiente di lavoro sicuro e salubre per i propri dipendenti. Ciò include la prevenzione di situazioni di stress eccessivo che potrebbero portare allo straining. Il datore di lavoro dovrebbe monitorare attentamente le dinamiche lavorative e intervenire tempestivamente in caso di comportamenti stressogeni o vessatori.

Quali sono i diritti dei lavoratori in caso di straining?

I lavoratori che ritengono di essere vittime di straining possono richiedere un risarcimento per i danni subiti, sia di natura patrimoniale che non patrimoniale. Inoltre, hanno diritto a tutela legale e a un’indagine approfondita sulle circostanze che hanno portato allo straining.

Cosa può fare un lavoratore che sospetta di essere vittima di straining?

Un lavoratore che sospetta di essere vittima di straining dovrebbe documentare le situazioni di stress e disagio sul posto di lavoro e raccogliere prove dei comportamenti stressogeni subiti. È importante anche consultare un medico per valutare l’impatto delle condizioni lavorative sulla salute mentale e, se necessario, rivolgersi a un avvocato specializzato in diritto del lavoro per valutare le possibili azioni legali.

Cosa prevede la legge italiana in merito allo straining?

La legge italiana tutela i lavoratori da situazioni di stress eccessivo sul lavoro attraverso l’articolo 2087 del Codice Civile, che prevede il dovere del datore di lavoro di garantire la sicurezza e la salute dei dipendenti. In caso di violazione di tale dovere, il datore di lavoro può essere ritenuto responsabile e obbligato a risarcire i danni subiti dal lavoratore. La giurisprudenza offre chiarimenti e criteri per valutare la responsabilità del datore in caso di straining.

note

[1] Cass. ord. n. 16580/23 del 23.05.2022: In materia di lavoro, va escluso lo straining quando la sindrome depressiva è legata a una reazione soggettiva del dipendente. Infatti le condizioni ordinariamente usuranti dell’attività in un contesto organizzativo gerarchico non si possono addossare all’impresa se mancano gli estremi della colpa.

FONTE: https://shortest.link/mwMv

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