Uso improprio della posta elettronica aziendale e licenziamento

Va innanzitutto premesso che con l’espressione uso improprio della casella di posta elettronica aziendale s’intende l’utilizzo che fuoriesca integralmente dalle finalità connesse alle mansioni lavorative, come risultanti dall’obbligazione assunta dal prestatore con la sottoscrizione del contratto di lavoro. Ipotesi classica è quella del ricorso a tale casella per effettuare comunicazioni o intrattenere rapporti di natura essenzialmente personale, non legati, nemmeno occasionalmente, con l’esercizio dell’attività di lavoro (in questo senso, Cass. 11 Agosto 2014, n. 17859).
La sentenza n. 22535/2015 e le perplessità della Fondazione Studi
Con la sentenza n. 22353 del 2 novembre 2015, la Corte di Cassazione ha sancito che, ove il codice disciplinare o la contrattazione collettiva prevedano la sanzione conservativa per l’uso improprio della email aziendale, l’elusione, da parte del lavoratore, delle specifiche informative e dei molteplici avvisi effettuati dal datore al fine di prevenire abusi, non è sufficiente a configurare il livello di gravità richiesto dall’art. 2119 cod. civ.
In questi casi, dunque, il datore dovrà attenersi all’applicazione della sanzione disciplinare prevista, non potendo la violazione dei moniti e delle comunicazioni datoriali essere considerata come una violazione di obblighi contrattuali distinti, tali da consentire il passaggio alla sanzione espulsiva.
Tuttavia, la Fondazione Studi è del parere che la posizione assunta dalla Cassazione finisca per legittimare l’azione di quel dipendente che, esplicitamente e coscientemente, contravvenendo a specifiche indicazioni precauzionali del datore di lavoro, utilizzi a fini personali strumenti informatici di cui dispone in ragione della posizione professionale ricoperta in azienda.
Un’impostazione, quest’ultima, che espone il datore di lavoro al rischio continuo che il dipendente in questione reiteri il suo comportamento ad libitum, privando di valore vincolante le ripetute indicazioni circa l’utilizzo appropriato della strumentazione di lavoro. Come è in effetti avvenuto nel caso di specie, ove il dipendente non si era semplicemente limitato a violare la disposizione del contratto collettivo che vieta l’uso improprio di strumentazione aziendale, ma aveva aggravato la sua posizione non attenendosi alle specifiche e comprovate indicazioni ulteriormente fornitegli.
Consulenti del Lavoro – Parere 2/2015
Corte di Cassazione – Sentenza 22353/2015
FONTE: http://bit.ly/1NMznbT

L’ha ribloggato su Studio Seclì.
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