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L’assenza ingiustificata dal lavoro legittima il licenziamento?

L’assenza ingiustificata dal lavoro legittima il licenziamento?

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Per stabilire se l’assenza dal posto di lavoro non comunicata dal dipendente né giustificata da certificato medico possa portare al licenziamento bisogna innanzitutto verificare il contratto collettivo di categoria.

 

L’assenza ingiustificata dal lavoro è di per sé un comportamento grave, suscettibile di minare il rapporto di fiducia che l’azienda ripone nel dipendente, specie quando si protrae per diverso tempo: ecco perché, nelle ipotesi più gravi, è possibile intimare al dipendente il licenziamento. In particolare, l’assenza senza una giustificazione si verifica non solo quando il dipendente non comunica in anticipo l’intenzione di non recarsi sul posto di lavoro per sfruttare permessi, ferie, ecc., ma anche quando, avvenendo ciò per una causa imprevista (malattia o infortunio), il dipendente omette di inviare immediatamente il prescritto certificato medico.

Secondo, tuttavia, una sentenza della Cassazione di questa mattina [1], non sempre l’assenza ingiustificata dal lavoro legittima il licenziamento: è il caso in cui il contratto collettivo disciplini le conseguenze derivanti da determinati comportamenti e, per ciascuno di essi, preveda una apposita sanzione. Così, ad esempio, se il Ccnl stabilisce che, per tre giorni di assenza ingiustificata, non si possa procedere al licenziamento ma si debba comminare una sanzione meno grave (come la sospensione dal soldo e dal servizio), allora il datore di lavoro non avrà altra scelta.

Spesso è il contratto collettivo a fissare le sanzioni per gli illeciti disciplinari posti dai dipendenti, stabilendo se l’azienda possa far ricorso al licenziamento (cosiddetta sanzione espulsiva) o a sanzioni meno gravi (cosiddette sanzioni conservative). La Cassazione ha anche ritenuto, in passato, che il giudice è libero di convalidare il licenziamento in presenza di cause oggettive che rendano impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro, sebbene queste non siano state previste dal contratto collettivo come causa di espulsione [2]; e questo perché il tribunale non è vincolato all’elencazione contenuta nel ccnl. È infatti la gravità del comportamento che conta e non anche il fatto che esso sia contemplato negli accordi tra sindacati e aziende.

Tuttavia – si legge in sentenza – se il contratto collettivo prevede sanzioni più lievi, in materia di licenziamenti disciplinari, deve escludersi che, dove un determinato comportamento del lavoratore, invocato dal datore di lavoro come giusta causa di licenziamento, esso possa formare oggetto di una autonoma e più grave valutazione da parte del giudice. Il che equivale al dire che tanto il giudice quanto il datore di lavoro sono vincolati a quanto previsto nella contrattazione collettiva.

I Ccnl, dunque, diventano il primo step di verifica per stabilire se, all’assenza non comunicata all’azienda possa scattare o meno, in automatico, il licenziamento.

[1] Cass. sent. n. 13787/16 del 6.07.2016.

[2] Cass. sent. n. 9635/2016. Cass. sent. n. 5777/2016.

FONTE: http://bit.ly/29kyXcL

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