Il valore della busta paga
Anche la busta paga con saldo zero fa prova contro l’azienda perché contiene una ammissione di debito.
La busta paga è una prova contro l’azienda che l’ha emessa, perché costituisce un’ammissione di debito nei confronti del dipendente. Con la conseguenza che è possibile ottenere, sulla base di tale documento, un decreto ingiuntivo se le somme ivi indicate non sono state materialmente pagate. Lo ha chiarito ieri la Cassazione [1]. La questione ha delle ulteriori implicazioni che val la pena di analizzare. Lo faremo ricorrendo al solito esempio.
Immaginiamo che tra noi e la nostra azienda datrice di lavoro nasca una contestazione per una attività di concorrenza che avremmo svolto, ai suoi danni, durante il tempo libero. Così il datore di lavoro ci licenzia e ci addebita tutti i danni subiti dall’attività. Danni che – neanche a farlo apposta – vengono quantificati nella stessa misura del Tfr (trattamento di fine rapporto) cui avremmo avuto diritto per via della risoluzione del rapporto di lavoro. Così l’azienda ci consegna l’ultima busta paga con saldo pari a “zero”. In verità, a nostro giudizio, la quantificazione dei danni è illegittima perché avvenuta in modo unilaterale e senza alcuna prova sull’effettività dei danni. Chi ha ragione? La risposta è in una recente sentenza della Cassazione [1] che chiarisce anche un altro tema assai importante: il valore della busta paga.
Nei confronti del datore di lavoro, le buste paga costituiscono piena prova dei dati in esse contenuti. Il giudice è vincolato e deve necessariamente tenerne conto solo se le dichiarazioni ivi riportate dall’azienda, e sfavorevoli all’azienda stessa (come l’ammissione di un debito verso un dipendente), hanno carattere di univocità e incontrovertibilità. In mancanza di queste connotazioni, la busta paga rientra negli elementi sottoposti al libero giudizio del giudice: è il caso in cui contenga l’indicazione di altri fatti, che fanno dedurre l’estinzione degli effetti del credito del lavoratore.
Quindi, nell’esempio precedente, il giudice dovrà valutare attentamente se i danni lamentati dall’azienda sono effettivi e quantificarli per come risulterà nel corso del processo, eventualmente andando a detrarre tali importi dai crediti avanzati dal dipendente.
[1] Cass. sent. n. 2239/17 del 30.01.2017.
FONTE: http://bit.ly/2jVykxl
L’ha ribloggato su Studio Seclì.
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