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Si può licenziare senza motivo?

Quando è consentito licenziare il dipendente: il licenziamento in tronco, con preavviso e il licenziamento per motivi aziendali. In tutti i casi la motivazione è condizione di validità.

Con una lettera lapidaria, l’azienda ti ha comunicato il licenziamento. Nella missiva si specifica che dovrai continuare a recarti al lavoro durante il periodo di preavviso e, in questo arco di tempo, ti sarà pagato regolarmente lo stipendio. Prima di questa lettera, però, non hai mai avuto alcuna comunicazione che potesse presagire tale esito. Solo qualche voce di corridoio sull’andamento dei conti dell’azienda e sul rischio di fallimento, a cui si aggiunge il sospetto che il capo non sia contento di come lavori. Ma sono solo sentori: nulla di ufficiale. La lettera, per quanto inequivoca sul fatto che hai perso il posto, non specifica le ragioni. Così non ti è dato sapere se hai commesso qualche errore, se è solo una questione di bilancio o se ci sono altri motivi a sostegno della decisione di mandarti a casa. In queste condizioni non hai neanche la possibilità di difenderti e di impugnare il licenziamento. Cosa che vorresti comunque fare proprio perché, a tuo giudizio, la scelta è ingiusta e discriminatoria. Si può licenziare senza motivo? Cerchiamo di capirlo in questo breve articolo.

Quando è possibile licenziare il dipendente

La legge consente la possibilità di licenziare un dipendente (sia esso assunto a tempo determinato che indeterminato) solo per due ragioni (anche se molto ampie):

  • motivi connessi all’organizzazione dell’azienda: è il cosiddetto «licenziamento per giustificato motivo oggettivo»;
  • motivi di carattere disciplinare ossia dipendenti da violazioni del lavoratore. A seconda della gravità della condotta il licenziamento avverrà in tronco (cosiddetto «licenziamento per giusta causa») o con il preavviso (cosiddetto licenziamento per «giustificato motivo soggettivo»).

Obbligo di motivazione del licenziamento

In tutti i casi, la lettera di licenziamento deve per forza indicare il motivo del licenziamento ed essere specifica onde consentire al dipendente di difendersi e contestare il licenziamento. La contestazione deve avvenire entro 60 giorni con lettera raccomandata. La causa deve essere avviata nei successivi 180 giorni. Leggi Termini per impugnare il licenziamento.

È la stessa legge [1] a chiarire che il licenziamento deve essere sempre motivato. Il licenziamento è inefficace se è stato intimato senza esplicitazione della motivazione e ciò a prescindere dal fatto che detti motivi sussistano davvero o meno. Il giudice non valuta la fondatezza del licenziamento ma l’aspetto formale della mancata comunicazione delle ragioni che da sola è in grado di inficiare il licenziamento poiché non mette il dipendente in condizioni di difendersi.

L’obbligo di motivazione si atteggia in modo diverso a seconda del tipo di licenziamento.

Motivazione del licenziamento disciplinare

Nel caso di licenziamento per motivi disciplinari, la lettera di licenziamento deve essere anticipata con il cosiddetto preavviso di licenziamento il quale deve indicare l’avvio del procedimento disciplinare. Questa comunicazione deve indicare le contestazioni mosse al dipendente nel modo più preciso possibile.

Le contestazioni devono essere mosse al lavoratore in un tempo ragionevolmente breve dalla condotta contestata. La legge non fissa un termine entro cui debba arrivare il preavviso di licenziamento, ma la giurisprudenza ha chiarito che l’azienda non può temporeggiare sino a far presumere all’interessato di essere stato “perdonato”. Sicché è possibile attendere anche qualche mese se l’attesa è giustificata dalle dimensioni dell’azienda o dalla necessità del datore di lavoro di accertare i fatti e verificare l’eventuale colpa del lavoratore prima di muovergli la contestazione.

In ultimo il preavviso di licenziamento è immodificabile: in altri termini l’azienda non può, in un momento successivo, aggiungere o correggere le contestazioni o i fatti addebitati al dipendente.

Dalla lettera di preavviso il dipendente ha 5 giorni per presentare difese e/o per chiedere di essere ascoltato di persona (l’azienda non può negargli tale diritto anche se la colpa è particolarmente grave da voler tagliare immediatamente i rapporti). Prima del decorso dei 5 giorni il licenziamento è nullo.

Da quanto abbiamo appena detto è chiaro che, specie nel licenziamento disciplinare (ossia «per giusta causa» o «per giustificato motivo soggettivo») la motivazione è indispensabile. Licenziare senza motivo significa porre in essere un atto nullo, facilmente contestabile dal dipendente.

Motivazione del licenziamento per motivi aziendali

Nel caso di licenziamento per motivi aziendali («giustificato motivo oggettivo») non è invece previsto l’invio del preavviso di licenziamento. Tuttavia ciò non toglie che la lettera non debba essere motivata e chiarire le ragioni per cui l’azienda ha deciso di interrompere il rapporto di lavoro. Certo, non sarà in questa fase che dovranno essere mostrati i bilanci o i piani aziendali che comprovano la ristrutturazione o la crisi; di questi il dipendente ha diritto a prendere copia per poter eventualmente contestare la scelta dell’azienda. Tuttavia, la comunicazione deve essere sufficientemente precisa per consentire all’interessato di approntare una difesa anche in via giudiziale se del caso.

Conseguenze del licenziamento senza motivo

Una volta che il dipendente impugna il licenziamento senza motivo, la causa in tribunale può avere esiti diversi a seconda del caso concreto. Vediamo le possibili ipotesi.

Licenziamento disciplinare: se il fatto non è esistente

Se il giudice rileva che il fatto contestato al dipendente non è in realtà vero, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro:

  • alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. Il lavoratore può comunque scegliere di non rientrare in azienda, percependo l’indennità sostitutiva della reintegrazione;
  • al pagamento, a favore del dipendente, di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello di effettiva reintegra, dedotto quanto percepito dal lavoratore nel periodo di estromissione, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. L’indennità non può comunque eccedere le 12 mensilità della retribuzione globale di fatto;
  • al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione.

Tutti gli altri casi

In tutti gli altri casi il giudice:

  • dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento;
  • condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria omnicomprensiva compresa tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti.

note

[1] Art. 2 Legge n. 604/1966. «1. Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro.

2.- La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato.

3.- Il licenziamento intimato senza l’osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficace.

4.- Le disposizioni di cui al comma 1 e di cui all’articolo 9 si applicano anche ai dirigenti».

FONTE: http://bit.ly/2A3J96D

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