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Quanto riposo tra un turno e l’altro per il lavoratore?

I diritti del lavoratore dipendente: il riposo giornaliero non può essere inferiore a 11 ore consecutive.

È spesso motivo di discussione tra datore di lavoro e dipendenti: la distribuzione dei turni di lavoro – che deve sempre avvenire nel rispetto dei limiti stabiliti per l’orario settimanale e quello giornaliero – può diventare non agevole nelle aziende con poco personale. In queste situazioni, i dipendenti devono cercare di sopperire ai buchi (ad esempio un collega in ferie, in malattia o in trasferta) o alle necessità del momento (ad esempio un aumento della produzione legato a specifiche richieste) facendo gli straordinari. Ma è proprio sulla richiesta di straordinari che, a volte, l’imprenditore inciampa perché non rispetta le necessarie ore di riposo da un turno e l’altro. In generale, il dipendente può rifiutare gli straordinari (salvo alcuni casi limitati: leggi Si può rifiutare il lavoro straordinario?) e il datore non può imporglieli o applicare sanzioni in caso di rifiuto. Peraltro anche sugli straordinari è previsto un tetto massimo: l’orario settimanale – in presenza o in assenza di contrattazione applicabile – non può mai superare le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario, per ogni periodo di 7 giorni. Detto ciò vediamo quanto tempo deve intercorrere tra una giornata lavorativa e quella successiva o, detto in altri termini, quanto riposo tra un turno e l’altro per il lavoratore.

Qual è l’orario settimanale di lavoro?

L’orario normale di lavoro è di 40 ore settimanali. I Contratti collettivi nazionali (Ccnl) possono però:

  • stabilire una durata più breve;
  • riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno (cosiddetto orario multiperiodale).

Le 40 ore di lavoro vanno ripartite in 6 giorni lavorativi. I contratti collettivi possono però prevedere la cosiddetta settimana corta distribuendo le 40 ore lavorative in solo 5 giorni.

Qual è l’orario giornaliero di lavoro?

La legge si limita a fissare solo il tetto massimo dell’orario di lavoro con riferimento alla settimana, ma nulla dice in merito al limite giornaliero di durata del lavoro. Si ritiene comunque che un dipendente non possa lavorare più di 13 ore al giorno.

Per quanto riguarda l’organizzazione dell’orario giornaliero (numero di ore lavorative, ora d’inizio e di termine della prestazione e durata degli intervalli di riposo) questa è, in genere, rimessa a criteri individuati a livello aziendale.

Quale pausa durante la giornata di lavoro?

Quando la giornata lavorativa del dipendente prevede più di 6 ore di seguito, questi ha diritto ad una pausa per riposarsi o mangiare.

A definire quanto sia lunga questa pausa e in che momento scatta sono i contratti collettivi. In assenza di questi la pausa (anche sul posto di lavoro) non può essere inferiore a 10 minuti consecutivi.

Spetta al datore di lavoro stabilire il momento in cui godere della pausa; egli la può collocare – tenuto conto delle esigenze tecniche dell’attività lavorativa – in qualsiasi periodo della giornata lavorativa.

Quanto riposo tra un turno e l’altro?

La legge prevede il cosiddetto «orario europeo», che impone al datore di lavoro di garantire almeno 11 ore di riposo fra un turno e l’altro. Un diritto ovvio, che però in molti settori non viene rispettato (ad esempio la sanità). Per essere lucidi e lavorare bene, fra un turno e l’altro bisogna andare a casa, mangiare qualcosa e farsi una bella dormita. Gli orari, quindi, devono lasciare libere da impegni le persone per almeno 11 ore, senza interruzioni. Ecco perché, ferma restando la durata normale dell’orario settimanale, la legge stabilisce il diritto per il dipendente ad avere 11 ore di riposo consecutive ogni 24 ore, calcolate dall’ora d’inizio della prestazione lavorativa. Il periodo di riposo minimo(11 ore) non può essere diminuito da accordi tra le parti.

Il criterio della consecutività può essere derogato per le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata (ad esempio attività di ristorazione e di pulizia) o da regimi di reperibilità.

Per chi fa più lavori

Chi è assunto da più aziende è tenuto ugualmente al periodo di riposo giornaliero. In altri termini non può staccare da una azienda e cominciare con l’altra, magari con due contratti di lavoro full time. Ecco perché l’assunzione presso due aziende è possibile solo in caso di contratti part-time. Il dipendente deve quindi comunicare ai diversi datori di lavoro l’ammontare delle ore in cui può prestare la propria attività nel rispetto dei limiti indicati e fornire ogni altra informazione utile in tal senso.

FONTI DI RIFERIMENTO

Costituzione italiana

Art. 36. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

Legge 29 marzo 1983 n. 93 Art. 30

Norme transitorie sull’orario di lavoro dei dipendenti civili dell’Amministrazione dello Stato.

L’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 , va interpretato nel senso che l’orario ordinario di lavoro ivi disciplinato è di trentasei ore settimanali

D.Lgs. 8 aprile 2003 n. 66

Art. 3  Orario normale di lavoro 

1.  L’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali.

2.  I contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire l’orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all’anno.

Art. 4  Durata massima dell’orario di lavoro 

1.  I contratti collettivi di lavoro stabiliscono la durata massima settimanale dell’orario di lavoro.

2.  La durata media dell’orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario.

3.  Ai fini della disposizione di cui al comma 2, la durata media dell’orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi.

4.  I contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite di cui al comma 3 fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi.

Art. 5  Lavoro straordinario 

1.  Il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto.

2.  Fermi restando i limiti di cui all’articolo 4, i contratti collettivi di lavoro regolamentano le eventuali modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro straordinario.

3.  In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali.

4.  Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario è inoltre ammesso in relazione a:

a)  casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l’assunzione di altri lavoratori;

b)  casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;

c)  eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’articolo 2, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e in tempo utile alle rappresentanze sindacali aziendali.

5.  Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I contratti collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi.

Art. 6  Criteri di computo

1.  I periodi di ferie annue e i periodi di assenza per malattia non sono presi in considerazione ai fini del computo della media di cui all’articolo 4.

2.  Nel caso di lavoro straordinario, se il riposo compensativo di cui ha beneficiato il lavoratore è previsto in alternativa o in aggiunta alla maggiorazione retributiva di cui al comma 5 dell’articolo 5, le ore di lavoro straordinario prestate non si computano ai fini della media di cui all’articolo 4.

Art. 7  Riposo giornaliero

1.  Ferma restando la durata normale dell’orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità.

Art. 8  Pause 

1.  Qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo.

2.  Nell’ipotesi di cui al comma 1, in difetto di disciplina collettiva che preveda un intervallo a qualsivoglia titolo attribuito, al lavoratore deve essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra l’inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti e la cui collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo.

3.  Salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, rimangono non retribuiti o computati come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata i periodi di cui all’articolo 5 regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955, e successivi atti applicativi, e dell’articolo 4 del regio decreto 10 settembre 1923, n. 1956, e successive integrazioni.

Art. 9  Riposi settimanali

1.  Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all’articolo 7. Il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a 14 giorni.

2.  Fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1:

a)  attività di lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi turno o squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di un turno o di una squadra e l’inizio del successivo, di periodi di riposo giornaliero o settimanale;

b)  le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata;

c)  per il personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari: le attività discontinue; il servizio prestato a bordo dei treni; le attività connesse con gli orari del trasporto ferroviario che assicurano la continuità e la regolarità del traffico ferroviario;

d)  i contratti collettivi possono stabilire previsioni diverse, nel rispetto delle condizioni previste dall’articolo 17, comma 4.

3.  Il riposo di ventiquattro ore consecutive può essere fissato in un giorno diverso dalla domenica e può essere attuato mediante turni per il personale interessato a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare ovvero addetto alle attività aventi le seguenti caratteristiche:

a)  operazioni industriali per le quali si abbia l’uso di forni a combustione o a energia elettrica per l’esercizio di processsi caratterizzati dalla continuità della combustione ed operazioni collegate, nonché attività industriali ad alto assorbimento di energia elettrica ed operazioni collegate;

b)  attività industriali il cui processo richieda, in tutto o in parte, lo svolgimento continuativo per ragioni tecniche;

c)  industrie stagionali per le quali si abbiano ragioni di urgenza riguardo alla materia prima o al prodotto dal punto di vista del loro deterioramento e della loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano materie prime di facile deperimento ed il cui periodo di lavorazione si svolge in non più di 3 mesi all’anno, ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso personale si compiano alcune delle suddette attività con un decorso complessivo di lavorazione superiore a 3 mesi;

d)  i servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ad esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di pubblica utilità;

e)  attività che richiedano l’impiego di impianti e macchinari ad alta intensità di capitali o ad alta tecnologia;

f)  attività di cui all’articolo 7 della legge 22 febbraio 1934, n. 370;

g)  attività indicate agli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di cui all’articolo 3 della legge 24 ottobre 2000, n. 323.

4.  Sono fatte salve le disposizioni speciali che consentono la fruizione del riposo settimanale in giorno diverso dalla domenica, nonché le deroghe previste dalla legge 22 febbraio 1934, n. 370.

5.  Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato sentite le organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative, nonché le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, saranno individuate le attività aventi le caratteristiche di cui al comma 3, che non siano già ricomprese nel decreto ministeriale 22 giugno 1935, e successive modifiche e integrazioni, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 161 del 12 luglio 1935, nonché quelle di cui al comma 2, lettera d), salve le eccezioni di cui alle lettere a), b) e c). Con le stesse modalità il Ministro del lavoro e delle politche sociali ovvero per i pubblici dipendenti il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, provvede all’aggiornamento e alla integrazione delle predette attività. Nel caso di cui al comma 2, lett. d), e salve le eccezioni di cui alle lettere a), b) e c) l’integrazione avrà senz’altro luogo decorsi trenta giorni dal deposito dell’accordo presso il Ministero stesso.

Art. 11  Limitazioni al lavoro notturno

1.  L’inidoneità al lavoro notturno può essere accertata attraverso le competenti strutture sanitarie pubbliche.

2.  I contratti collettivi stabiliscono i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall’obbligo di effettuare lavoro notturno. E’ in ogni caso vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino. Non sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno:

a)  la lavoratrice madre di un figlio di età minore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa;

b)  la lavoratrice o il lavoratore che sia l’unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni;

c)  la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.

Art. 12  Modalità di organizzazione del lavoro notturno e obblighi di comunicazione

1.  L’introduzione del lavoro notturno deve essere preceduta, secondo i criteri e con le modalità previsti dai contratti collettivi, dalla consultazione delle rappresentanze sindacali in azienda, se costituite, aderenti alle organizzazioni firmatarie del contratto collettivo applicato dall’impresa. In mancanza, tale consultazione va effettuata con le organizzazioni territoriali dei lavoratori come sopra definite per il tramite dell’Associazione cui l’azienda aderisca o

Art. 13  Durata del lavoro notturno 

1.  L’orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salva l’individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite.

2.  E’ affidata alla contrattazione collettiva l’eventuale definizione delle riduzioni dell’orario di lavoro o dei trattamenti economici indennitari nei confronti dei lavoratori notturni. Sono fatte salve le disposizoni della contrattazione collettiva in materia di trattamenti economici e riduzioni di orario per i lavoratori notturni anche se non concesse a titolo specifico.

3.  Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa consultazione delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative e delle organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, viene stabilito un elenco delle lavorazioni che comportano rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali, il cui limite è di otto ore nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore.

4.  Il periodo minimo di riposo settimanale non viene preso in considerazione per il computo della media quando coincida con il periodo di riferimento stabilito dai contratti collettivi di cui al comma 1.

5.  Con riferimento al settore della pianificazione non industriale la media di cui al comma 1 del presente articolo va riferita alla settimana lavorativa.

Art. 14  Tutela in caso di prestazioni di lavoro notturno

1.  La valutazione dello stato di salute dei lavoratori notturni deve avvenire a cura e a spese del datore di lavoro, o per il tramite delle competenti strutture sanitarie pubbliche di cui all’articolo 11 o per il tramite del medico competente di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, attraverso controlli preventivi e periodici, almeno ogni due anni, volti a verificare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno a cui sono adibiti i lavoratori stessi.

2.  Durante il lavoro notturno il datore di lavoro garantisce, previa informativa alle rappresentanze sindacali di cui all’articolo 12, un livello di servizi o di mezzi di prevenzione o di protezione adeguato ed equivalente a quello previsto per il turno diurno.

3.  Il datore di lavoro, previa consultazione con le rappresentanze sindacali di cui all’articolo 12, dispone, ai sensi degli articoli 40 e seguenti del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per i lavoratori notturni che effettuano le lavorazioni che comportano rischi particolari di cui all’elenco definito dall’articolo 13, comma 3, appropriate misure di protezione personale e collettiva.

4.  I contratti collettivi di lavoro possono prevedere modalità e specifiche misure di prevenzione relativamente alle prestazioni di lavoro notturno di particolari categorie di lavoratori, quali quelle individuate con riferimento alla legge 5 giugno 1990, n. 135, e alla legge 26 giugno 1990, n. 162.

Art. 15  Trasferimento al lavoro diurno

1.  Qualora sopraggiungano condizioni di salute che comportino l’idoneità alla prestazione di lavoro notturno, accertata dal medico competente o dalle strutture sanitarie pubbliche, il lavoratore verrà assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni equivalenti, se esistenti e disponibili.

2.  La contrattazione collettiva definisce le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al comma precedente e individua le soluzioni nel caso in cui l’assegnazione prevista dal comma citato non risulti applicabile.

Art. 16  Deroghe alla disciplina della durata settimanale dell’orario

1.  Fatte salve le condizioni di miglior favore stabilite dai contratti collettivi, sono escluse dall’ambito di applicazione della disciplina della durata settimanale dell’orario di cui all’articolo 3:

a)  le fattispecie previste dall’articolo 4 del regio decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e successive modifiche;

b)  le fattispecie di cui al regio decreto 10 settembre 1923, n. 1957, e successive modifiche, alle condizioni ivi previste, e le fattispecie di cui agli articoli 8 e 10 del regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955;

c)  le industrie di ricerca e coltivazione di idrocarburi, sia in mare che in terra, di posa di condotte ed installazione in mare;

d)  le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia elencate nella tabella approvata con regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657, e successive modificazioni ed integrazioni, alle condizioni ivi previste;

e)  i commessi viaggiatori o piazzisti;

f)  il personale viaggiatore dei servizi pubblici di trasporto per via terrestre;

g)  gli operai agricoli a tempo determinato;

h)  i giornalisti professionisti, praticanti e pubblicisti dipendenti da aziende editrici di giornali, periodici e agenzie di stampa, nonché quelli dipendenti da aziende pubbliche e private esercenti servizi radiotelevisivi;

i)  il personale poligrafico, operai ed impiegati, addetto alle attività di composizione, stampa e spedizione di quotidiani e settimanali, di documenti necessari al funzionamento degli organi legislativi e amministrativi nazionali e locali, nonché alle attività produttive delle agenzie di stampa;

l)  il personale addetto ai servizi di informazione radiotelevisiva gestiti da aziende pubbliche e private;

m)  i lavori di cui all’articolo 1 della legge 20 aprile 1978, n. 154, e all’articolo 2 della legge 13 luglio 1966, n. 559;

n)  le prestazioni rese da personale addetto alle aree operative, per assicurare la continuità del servizio, nei settori appresso indicati:

1)  personale dipendente da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste, delle autostrade, dei servizi portuali ed aeroportuali, nonché personale dipendente da imprese che gestiscono servizi pubblici di trasporto e da imprese esercenti servizi di telecomunicazione;

2)  personale dipendente da aziende pubbliche e private di produzione, trasformazione, distribuzione, trattamento ed erogazione di energia elettrica, gas, calore ed acqua;

3)  personale dipendente da quelle di raccolta, trattamento, smaltimento e trasporto di rifiuti solidi urbani;

4)  personale addetto ai servizi funebri e cimiteriali limitatamente ai casi in cui il servizio stesso sia richiesto dall’autorità giudiziaria, sanitaria o di pubblica sicurezza;

o)  personale dipendente da gestori di impianti di distribuzione di carburante non autostradali;

p)  personale non impiegatizio dipendente da stabilimenti balneari, marini, fluviali, lacuali e piscinali.

2.  Le attività e le prestazioni indicate alle lettere da a) ad n) del comma 1 verranno aggiornate ed armonizzate con i principi contenuti nel presente decreto legislativo mediante decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, mediante decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative, nonché le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro.

Art. 17  Deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno, durata massima settimanale

1.  Le disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 12 e 13 possono essere derogate mediante contratti collettivi stipulati a livello nazionale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Per il settore privato, in assenza di specifiche disposizioni nei contratti collettivi nazionali le deroghe possono essere stabilite nei contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

2.  In mancanza di disciplina collettiva, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su richiesta delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative o delle associazioni nazionali di categoria dei datori di lavoro firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro, adotta un decreto, sentite le stesse parti, per stabilire deroghe agli articoli 4, terzo comma, nel limite di sei mesi, 7, 8, 12 e 13 con riferimento:

a)  alle attività caratterizzate dalla distanza fra il luogo di lavoro e il luogo di residenza del lavoratore, compreso il lavoro offshore, oppure dalla distanza fra i suoi diversi luoghi di lavoro;

b)  alle attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare, quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di sorveglianza;

c)  alle attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della produzione, in particolare, quando si tratta:

1)  di servizi relativi all’accettazione, al trattamento o alle cure prestati da ospedali o stabilimenti analoghi, comprese le attività dei medici in formazione, da case di riposo e da carceri;

2)  del personale portuale o aeroportuale;

3)  di servizi della stampa, radiofonici, televisivi, di produzione cinematografica, postali o delle telecomunicazioni, di servizi di ambulanza, antincendio o di protezione civile;

4)  di servizi di produzione, di conduzione e distribuzione del gas, dell’acqua e dell’elettricità, di servizi di raccolta dei rifiuti domestici o degli impianti di incenerimento;

5)  di industrie in cui il lavoro non può essere interrotto per ragioni tecniche;

6)  di attività di ricerca e sviluppo;

7)  dell’agricoltura;

8)  di lavoratori operanti nei servizi regolari di trasporto passeggeri in ambito urbano ai sensi dell’articolo 10, comma 1, numero 14), 2° periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

d)  in caso di sovraccarico prevedibile di attività, e in particolare:

1)   nell’agricoltura;

2)  nel turismo;

3)  nei servizi postali;

e)  per personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari:

1)  per le attività discontinue;

2)  per il servizio prestato a bordo dei treni;

3)  per le attività connesse al trasporto ferroviario e che assicurano la regolarità del traffico ferroviario;

f)  a fatti dovuti a circostanze estranee al datore di lavoro, eccezionali e imprevedibili o eventi eccezionali, le conseguenze dei quali sarebbero state comunque inevitabili malgrado la diligenza osservata;

g)  in caso di incidente o di rischio di incidente imminente.

3.  Alle stesse condizioni di cui al comma 2 si può derogare alla disciplina di cui all’articolo 7:

a)  per l’attività di lavoro a turni tutte le volte in cui il lavoratore cambia squadra e non può usufruire tra la fine del servizio di una squadra e l’inizio di quello della squadra successiva di periodi di riposo giornaliero;

b)  per le attività caratterizzate da periodo di lavoro frazionati durante la giornata, in particolare del personale addetto alle attività di pulizie.

4.  Le deroghe previste nei commi 1, 2 e 3 possono essere ammesse soltanto a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in caso eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata.

5.  Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 3, 4, 5, 7, 8, 12 e 13 non si applicano ai lavoratori la cui durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta:

a)  di dirigenti, di personale direttivo delle aziende o di altre persone aventi potere di decisione autonomo;

b)  di manodopera familiare;

c)  di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose;

d)  di prestazioni rese nell’ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di telelavoro.

6.  Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 9 e 13, non si applicano al personale mobile. Per il personale mobile dipendente da aziende autoferrotranviarie, trovano applicazione le relative disposizioni di cui al regio decreto-legge 19 ottobre 1923, n. 2328, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e alla legge 14 febbraio 1958, n. 138.

6-bis.  Le disposizioni di cui all’ articolo 7 non si applicano al personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, per il quale si fa riferimento alle vigenti disposizioni contrattuali in materia di orario di lavoro, nel rispetto dei princìpi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori.

FONTE: http://bit.ly/2zAecKh

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