Il diritto al trattamento di festività non può essere negato al lavoratore che si rifiuta di prestare attività nei giorni di festa infrasettimanali.
Se l’Epifania, il giorno dell’Immacolata, la festa dei lavoratori o qualsiasi altra festività civile o religiosa cade nel corso della settimana, è tipico – almeno nel nostro Paese – sperare che possa essere a ridosso del weekend, in modo da fare “ponte”. Ma che succederebbe se, invece, il datore dovesse richiamare il personale in azienda anche nei giorni di festa infrasettimanali? Ci si può rifiutare, rivendicando il diritto al riposo ed esigendo ugualmente la normale paga per il giorno festivo? Una sentenza della Cassazione della scorsa settimana fornisce una risposta chiara e concisa [1]. Leggendo le parole della Corte è possibile sapere se ci si può rifiutare di andare a lavoro nei giorni festivi anche in presenza di un comando categorico da parte del datore e se, eventualmente, tale comportamento possa determinare la perdita della retribuzione per quella giornata o, peggio ancora, il licenziamento. Ecco cosa hanno detto i giudici supremi.
Il diritto dei lavoratori di astenersi dal lavorare nelle festività infrasettimanali, sia che si tratti di ricorrenze civili o religiose, è intangibile. Solo il contratto di lavoro, firmato all’atto dell’assunzione, può prevedere una diversa disciplina; in tutti gli altri casi, invece, il lavoratore può rifiutarsi di prestare attività in giornate di festa che cadono all’interno della normale settimana lavorativa, come il giorno della Befana o la festa dell’Immacolata.
Di quale contratto di lavoro stiamo parlando? Dove il dipendente deve andare a spulciare per verificare se esiste un tale obbligo? La Cassazione specifica che non si può trattare del contratto collettivo nazionale, ma di quello individuale col datore di lavoro o da accordi sindacali stipulati da organizzazioni sindacali cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato. Questo perché le organizzazioni sindacali nazionale maggiormente rappresentative non hanno il potere di derogare, in senso peggiorativo, ad un diritto del singolo lavoratore.
Del resto la Cassazione ha più volte sancito la nullità delle clausole di contratto collettivo nazionale (il cosiddetto Ccnl) che prevedano l’obbligo dei dipendenti di lavorare nei giorni di festività infrasettimanale, «in quanto incidenti sul diritto dei lavoratori – indisponibile da parte delle organizzazioni sindacali – di astenersi dalla prestazione» [2].
Ultima precisazione della Cassazione: se il contratto di lavoro individuale stabilisce che l’attività lavorativa è obbligatoria nei giorni di festa se ricorrono esigenze aziendali, al datore spetta dimostrare la sussistenza di tali esigenze per poter esigere la prestazione lavorativa. Se riesce a fornire tale prova, il dipendente non può rifiutarsi di prestare attività lavorativa e l’eventuale diniego sarebbe illegittimo.
Rinunciare a lavorare durante le festività infrasettimanali non comporta dunque la perdita del diritto del dipendente al relativo trattamento economico. Quest’ultimo, infatti, è un diritto soggettivo incondizionato e inderogabile anche a opera della contrattazione collettiva. La legge peraltro prevede [3] la spettanza del trattamento di festività anche se la prestazione lavorativa non viene resa in taluni casi di assenza in generale dal lavoro, ritenuti degni di maggior tutela (malattia, gravidanza, ecc.), mentre ritenere assente ingiustificato il lavoratore che non presti attività lavorativa durante le festività di legge non è consentito dalla norma.
La Cassazione, quindi, ritiene nullo il provvedimento con cui il datore di lavoro impone al dipendente di lavorare durante le festività infrasettimanali perché integra un «inadempimento parziale del contratto di lavoro» di fronte al quale il dipendente può a sua volta rifiutare la prestazione (gli atti nulli, del resto, non producono effetti). È del resto sbagliato pensare che i provvedimenti del datore si presumono sempre legittimi e da rispettare fino a quando non intervenga una sentenza del giudice ad annullarli.
Dunque, conclude la Cassazione, la possibilità di svolgere attività lavorativa nelle festività infrasettimanali non significa che la trasformazione da giornata festiva a lavorativa sia rimessa alla volontà esclusiva del datore di lavoro o a quella del lavoratore, dovendo – invece – derivare da un loro accordo specifico tra loro siglato in precedenza.
note
[1] Cass. sent. n. 27948/2017. Cfr. anche Cass. sent. n. 22482/2016 e n. 16634/2005: «Ai lavoratori deve essere riconosciuto il diritto soggettivo, derogabile solo per accordo tra le parti, di astenersi dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose, non potendosi applicare in via analogica la normativa relativa al riposo settimanale. È illegittima la previsione del contratto collettivo che impone al personale addetto agli spettacoli di fornire la prestazione lavorativa nelle festività infrasettimanali. Atteso che la l. n. 260 del 1949, come modificata dalla l. n. 90 del 1954, relativa alle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose, riconosce al lavoratore il diritto soggettivo di astenersi dal lavoro in occasione di tali festività, regolando compiutamente la materia, non è consentita – ai sensi dell’art. 12 preleggi – l’applicazione analogica delle eccezioni al divieto di lavoro domenicale e deve escludersi che il suddetto diritto possa essere posto nel nulla dal datore di lavoro, essendo rimessa la rinunciabilità al riposo nelle festività infrasettimanali solo all’accordo tra datore di lavoro e lavoratore. (Nella specie la S.C., cassando e decidendo nel merito, ha rigettato la domanda proposta dalla “Fondazione Teatro alla Scala di Milano” volta ad accertare l’obbligo dei tecnici di palcoscenico a svolgere, anche nelle festività infrasettimanali, la prestazione lavorativa a richiesta del datore di lavoro secondo i turni e l’organizzazione del lavoro e dei riposi normali)».
[2] Cass. sent. n. 9176/1997.
[3] Legge. n. 260/1949 art. 2.
FONTE: http://bit.ly/2BvERWD