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Coronavirus: congedi e permessi per non perdere soldi

La compatibilità tra la cassa integrazione ed altre indennità in caso di sospensione del lavoro a zero ore o di riduzione della prestazione lavorativa.

La chiusura delle attività lavorative e delle scuole a causa del coronavirus ha costretto aziende e lavoratori a trovare spesso dei compromessi per evitare la risoluzione del rapporto di lavoro (peraltro vietata in questo periodo). Dove non era possibile ricorrere alla cassa integrazione, si sono dovuti prendere in mano contratto e busta paga e valutare ferie residue, permessi a cui si ha diritto, congedi parentali e via dicendo. Tuttavia, non sempre alcune di queste soluzioni sono compatibili con altre prestazioni, con il conseguente rischio di perdere dei soldi nel momento in cui viene scelta una certa integrazione salariale piuttosto che un’altra.

Ad esempio, chi vuole usufruire del congedo facoltativo, ha diritto solo alla relativa indennità ma non potrà beneficiare contemporaneamente della cassa integrazione. Cosa che, invece, può fare se rinuncia al congedo parentale e sceglie un’alternativa come il voucher per la baby sitter.

Nel caso del permesso per allattamento, c’è bisogno di effettuare nell’arco della giornata qualche ora di attività lavorativa. Significa che il permesso retribuito spetta solo se c’è una riduzione dell’orario e se coincide con le ore di attività lavorativa. Se, invece, la sospensione è totale, anziché al permesso si ricorre alla cassa integrazione.

Discorso simile per quanto riguarda le ferie: bisogna valutare se c’è la sospensione a zero ore o la riduzione dell’attività. Nel primo caso, il datore può individuare il periodo di fruizione delle ferie residue e di quelle che si stanno maturando. Un periodo che può essere anche rinviato e coincidere con la ripresa del lavoro. Se l’orario, invece, è ridotto per via della Cig, la gestione della fruizione delle ferie segue le regole generali.

Le festività infrasettimanali non sono mai integrabili se ricadono all’interno del periodo di integrazione salariale, restando a carico del datore di lavoro. Invece, in caso di sospensione, la gestione cambia a seconda se il sistema retributivo preveda la paga a ore o al mese. In quest’ultimo caso, sono tutte integrabili nei limiti dell’orario contrattuale settimanale.

Da vagliare anche la compatibilità tra i permessi della legge 104 e la cassa integrazione. In caso di sospensione a zero ore, non spetta alcun giorno di permesso retribuito. Se c’è, però, una riduzione dell’orario di lavoro, le possibilità sono due. Se la riduzione è verticale, i tre giorni mensili di permesso vanno riproporzionati a seconda dell’effettiva diminuzione della prestazione. Se la riduzione è orizzontale, cioè se riguarda l’orario giornaliero di lavoro, non cambia il diritto ai tre giorni mensili di permesso retribuito.

Sospensione a zero ore o riduzione dell’attività influiscono anche sul congedo per l’assistenza di figli con handicap grave. Nel primo caso, non se ne ha diritto se interviene la cassa integrazione. Nel secondo, può essere richiesto per le ore residuali di prestazione.

Infine, in caso di infortunio sul lavoro prevale sempre la relativa indennità, che si tratti di un incidente accaduto prima dell’inizio della cassa integrazione con sospensione a zero ore, oppure durante la residua attività lavorativa in presenza di un ammortizzatore che preveda un orario ridotto.

FONTE: https://bit.ly/3cwCyEj

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