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Farsi licenziare per la disoccupazione: cosa si rischia

Farsi licenziare per la disoccupazione: cosa si rischia

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Fare di tutto per essere licenziato equivale a dimettersi: in questo caso non si ha diritto alla disoccupazione. Ma anche la giusta causa ha i suoi rischi.

Fai decine di colloqui, trovi finalmente un lavoro ma dopo qualche giorno scopri che non ti piace, che non è quello fatto per te o che non è quello che ti aspettavi. Che fai, ti licenzi? O ti fai licenziare? Nel primo caso non hai diritto a nulla. Nel secondo, ti spetta la disoccupazione. Vada per la seconda soluzione, allora. Ma farsi licenziare per avere la disoccupazione comporta dei rischi? Vediamo.

Il primo rischio che si corre nel farsi licenziare è quello di oltrepassare la linea della legalità per ottenere lo scopo, cioè: la prima domanda che sorge spontanea è «come farsi licenziare?». Delle due una: o si porta il datore di lavoro all’esasperazione tutelandosi per non perdere un’eventuale causa oppure si decide che «o la va o la spacca». Nel primo caso, ad esempio, magari con l’inconsapevole aiuto di un medico, si presenta un certificato di malattia dietro l’altro finché il titolare è stato costretto a sostituire quel lavoratore e arriva alla conclusione che può fare a meno di lui. Chi scrive ha conosciuto una collega sposata da poco e per nulla contenta della sua situazione lavorativa, che ha deciso di mettere al mondo dei figli “a catena”. Nel momento in cui aveva la certezza di essere incinta presentava il certificato di gravidanza. Circa sette mesi a casa prima del parto, un anno intero dopo il parto. Pagata. Al momento di rientrare al lavoro, presentava un nuovo certificato di gravidanza. Sapendo che licenziare una donna perché diventa mamma non osa farlo nessuno e che il posto di lavoro deve essere garantito. E’ stata talmente tanto tempo a casa (pagata) che al rientro successivo l’azienda aveva fatto in tempo a fallire. Il posto di lavoro non c’era più. Il sussidio di disoccupazione, però, quello c’era.

Certo, questo è un caso estremo. Ma senza arrivare a così tanto, mettere in difficoltà l’azienda con dei certificati medici per farsi licenziare ed avere la disoccupazione è una strategia. Ha, comunque, i suoi rischi, come vedremo.

L’altra possibilità, quella di «o la va o la spacca» consiste nel tenere sul posto di lavoro un atteggiamento ostile nei confronti dei colleghi, dei superiori o dell’azienda stessa per provocare il proprio licenziamento: arrivare sempre in ritardo, essere poco collaborativi, uscire anzitempo, non svolgere a dovere il proprio lavoro. Fino ad arrivare al punto di non presentarsi più in ufficio per far scattare il licenziamento. Anche qui non sono esclusi dei rischi.

Cosa si rischia a farsi licenziare per la disoccupazione

Da un punto di vista giuridico, rifiutarsi di lavorare per un’azienda equivale a dire «mi dimetto». Cioè, non voglio più prestare la mia opera per questa società. Chiaramente, non è solo il lavoratore a decidere come e quando: ad un certo punto, anche il suo datore di lavoro può deciderlo con un licenziamento. Che cosa si rischia? Si rischia che sia il dipendente a passare dalla parte del torto, cioè che il suo titolare riesca dimostrare davanti ad un giudice la propria volontà di continuare un rapporto di lavoro che il dipendente, a sua volta, rifiuta. La conseguenza è che il giudice decida la formula delle dimissioni e non del licenziamento, dalla data del primo giorno di assenza ingiustificata. In latino si direbbe rebus sic stantibus, che in cristiano si traduce in «stando così le cose». Oppure facta concludentia  che, sempre in cristiano, vuol dire prendere atto del fatto che il lavoratore vuole concludere il rapporto di lavoro. Ergo, vuole dimettersi. Ergo ancora, non c’è bisogno di licenziarlo. Il dipendente, insomma, se non vuole più lavorare per quell’azienda, può anche comunicarlo formalmente anziché fare dell’ostruzionismo. In ogni caso, il risultato è evidente: perdi il lavoro e perdi la disoccupazione. Bell’affare.

Conseguentemente a quanto appena detto, si corre un altro rischio a farsi licenziare per avere la disoccupazione per assenza ingiustificata del posto di lavoro: perdere l’indennità del preavviso [1]. Se, come detto prima, l’assenza equivale alla volontà di dimettersi, le dimissioni immediate comportano l’obbligo per il lavoratore di pagare il preavviso non dato. O meglio: l’azienda tratterrà dalla liquidazione quei mesi di preavviso non rispettato. Poco cambia: è sempre il dipendente a rimetterci. Le mensilità trattenute sono stabilite dal contratto nazionale di categoria in base alla qualifica del lavoratore.

Alla luce di tutto questo, che cosa si ottiene e che cosa si rischia a farsi licenziare? Se i fatti portano a dimostrare la volontà di dimissioni da parte del dipendente, per il lavoratore vuol dire zero: non avrà diritto a percepire l’indennità di disoccupazione.

Se, invece, l’azienda decide di licenziarlo per giusta causa, il dipendente percepirà l’indennità di disoccupazione, pur rischiando che il sussidio sia ridotto in base alle circostanze che hanno portato al licenziamento.

C’è sempre da stare attenti a giocare col fuoco perché, volendo essere pignoli (il giudice potrebbe esserlo eccome) il dipendente che vuole farsi licenziare per avere la disoccupazione potrebbe incorrere in due reati: frode alla legge per un pagamento indebito da parte dell’Inps [2] e truffa ai danni dello Stato [3].

Si corre un ultimo rischio a farsi licenziare per avere la disoccupazione: che la futura azienda in cui si vuole essere assunti venga a sapere quello che il candidato ha combinato prima. Il mondo è piccolo: essere riassunti sarebbe dura.

[1] Art. 2118 cod. civ.

[2] Art. 2033 cod. civ.

[3] Art. 640, co. 2, n. 1, cod. pen.

FONTE: http://bit.ly/2gDFwth

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