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Quali sono i diritti indisponibili?

I diritti indisponibili sono, al contrario dei diritti disponibili, quelli a cui il titolare non può mai rinunciare, neanche dietro compenso.

Ciascuno è libero di decidere per se stesso e per i propri interessi per come meglio crede. Ti sembrerà un’affermazione scontata e ovvia, almeno in uno stato moderno e democratico. Eppure non è così. La nostra legge, in determinate situazioni, impedisce al titolare di un diritto di regolare, cedere, disporre o limitare il proprio stesso diritto benché egli sia capace d’intendere e di volere. Questo avviene solo con i cosiddetti diritti indisponibili. Si pensi al diritto del lavoratore di svolgere un lavoro con uno stipendio al di sotto dei minimi sindacali: tale diritto non può essere mai oggetto di trattativa con un’altra persona e l’eventuale patto sarebbe nullo. Stesso discorso per il diritto dell’autore di un’opera di essere considerato tale: detto diritto non può mai essere ceduto. E così anche il diritto a vendere un occhio o il proprio fegato. In altre parole si tratta di diritti di cui il titolare non può disporre liberamente per come meglio crede anche se riceve un compenso proporzionato al valore del bene. In alcuni casi, il divieto di disporre dei diritti indisponibili è assoluto (ad esempio: la possibilità di vendere un arto del proprio corpo); in altri casi invece è necessario l’intervento di un soggetto terzo (ad esempio, il giudice tutelare per i diritti del minore, il sindacato per i diritti dei lavoratori, ecc.).

Possiamo più sinteticamente dire che i diritti indisponibili sono quelli a cui il titolare non può rinunciare. E ciò perché si vuol evitare che questi, in una situazione di debolezza o necessità, acconsenta a delle limitazioni della propria persona che lo priverebbero di beni essenziali per sé, per la sua sopravvivenza o per la sua stessa dignità di persona umana. Ecco perché i diritti indisponibili sono sempre quelli legati agli aspetti più delicati della vita di una persona, come l’immagine, l’integrità del proprio corpo, i diritti del consumatore, il minimo salariale, ecc.

La conseguenza, sotto un profilo pratico, è la seguente: se anche il titolare del diritto indisponibile si accorda con un altro soggetto per la limitazione o la cessione del suo diritto tale accordo – benché firmato, sottoscritto e anche retribuito – è nullo: è come se non fosse mai stato concluso. Con la conseguenza che il soggetto tutelato dall’ordinamento potrà anche non rispettare il patto.

La regola comunque vuole che tutti i diritti, specie quelli che riguardano il patrimonio del titolare (cosiddetti diritti a contenuto patrimoniale), sono disponibili. I diritti indisponibili sono invece un’eccezione.

Prima di vedere quali sono i diritti indisponibili, cerchiamo di capire cosa dice la legge a riguardo. Non esiste una norma che elenca quali sono i diritti indisponibili e quali quelli disponibili. Bisogna andare a vedere le singole disposizioni che regolamentano ogni specifica materia. Il contraltare di un diritto indisponibile è una disposizione di legge ritenuta «inderogabile» ossia, benché regolante i rapporti privati tra cittadini, non può essere da questi sostituita con un diverso accordo.

Un esempio è in materia di lavoro dipendente. Il codice civile [1] stabilisce che le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del lavoratore derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi, non sono valide. Di solito, perché il lavoratore possa accordarsi con l’azienda, ad esempio per un risarcimento o per il pagamento di un «saldo e stralcio» a fronte di retribuzioni non corrisposte, c’è bisogno dell’intervento dei sindacati o della direzione territoriale del lavoro. Tali soggetti intervengono per evitare che il lavoratore, spinto dalla necessità di ottenere i soldi per la sopravvivenza, sia portato ad accettare condizioni economiche svantaggiose per lui e per la sua famiglia.

Un altro esempio di diritto indisponibile è il mantenimento dei figli. In caso di separazione o di divorzio, i genitori tra loro non possono accordarsi per ridurre o eliminare l’obbligo di assistenza in favore dei bambini che il giudice ha posto a carico di uno dei due. Così come il figlio maggiorenne, ma non ancora autosufficiente, non può rinunciare al diritto ad essere mantenuto fino all’indipendenza economica.

In ambito familiare, non si può rinunciare al diritto agli alimenti. Ad esempio, se un anziano sta male e non ha i mezzi per sopravvivere, i figli si devono prendere cura di lui anche se gli fanno firmare un foglio con cui questi rinuncia a tale prestazione.

In materia di famiglia quasi tutti i diritti sono indisponibili come il diritto/dovere a essere riconosciuto padre del proprio figlio. Ad esempio, la madre di un bambino, avuto da una relazione occasionale con un uomo, non può acconsentire che questi non riconosca il figlio, svignandosela e non provvedendo al riconoscimento e al mantenimento.

L’integrità fisica è uno degli esempi da manuale di diritto indisponibile. Non si può vendere un arto del proprio corpo.

Anche la libertà personale è un diritto indisponibile: non si può accettare di sottoporsi in schiavitù di un’altra persona. Così il diritto alla libera manifestazione del proprio pensiero non può essere soggetto a limiti, neanche sotto pagamento.

Il proprio nome non può essere venduto: anch’esso è un diritto indisponibile.

I diritti previsti dal codice del consumo in favore del consumatore sono spesso indisponibili: ad esempio tutte le cause devono svolgersi nel luogo ove il consumatore ha residenza (anche se il contratto firmato da ambo le parti dispone diversamente); non si può rinunciare al diritto di recesso nei 14 giorni così come non si può prevedere una clausola abusiva, ossia particolarmente onerosa.

L’autore di un’opera può cedere i diritti di sfruttamento economico della sua creazione (una musica, un libro, ecc.); ma è un diritto indisponibile la paternità dell’opera. In altre parole, il titolare del diritto non può farsi pagare da un’altra persona affinché questa dichiari di essere l’autore dell’opera al posto di quello effettivo.

[1] Art. 2113 cod. civ.

FONTE: http://bit.ly/2rk5rQp

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