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Oss e infermieri: va pagato il tempo per indossare il camice?

L’attività di vestizione e svestizione tipica del tempo tuta va retribuita solo se non avviene a casa.

Camice e zoccoli bianchi sono l’elemento distintivo, quando entri in un ospedale o in una clinica, del personale medico e paramedico. Quegli abiti non hanno però una funzione di riconoscimento o di branding, come certamente è invece per le divise degli addetti di una catena di supermercati o per i camerieri di un ristorante: si tratta soprattutto di una questione di igiene che necessita l’utilizzo di indumenti puliti, candidi appunto come il bianco. Ed allora, posta l’indispensabilità di tale “strumento da lavoro” è giusto chiedersi se, per oss e infermieri, il tempo per indossare il camice va pagato. Perché mai questo problema? Perché chi è costretto ad arrivare 15 minuti prima da casa per cambiarsi e timbrare in orario sta svolgendo una attività funzionale all’azienda (pubblica o privata) per la quale presta servizio.

Del resto, non è una novità che per molti operai e dipendenti il cosiddetto tempo tuta costituisca una apposita voce della retribuzione. E se il datore non ci ha già pensato, ci penserà dopo la condanna del giudice.

Una recente sentenza del tribunale di Milano [1] affronta questo interessante tema proprio con riferimento al personale medico e paramedico. Vediamo meglio cosa è stato stabilito in questa occasione.

 

Cos’è il tempo tuta?

Tecnicamente viene chiamato «tempo tuta» o «tempo di vestizione»: sono quei minuti necessari al dipendente, prima di prendere servizio, per indossare la divisa lavorativaimpostagli dal datore di lavoro o per toglierla al termine del turno. Secondo la giurisprudenza si tratta di una attività che, seppur non rientrante nell’ordinario svolgimento delle mansioni, è propedeutica ad esso. Il dipendente, infatti, mette a disposizione dell’azienda il proprio tempo: quei 15 minuti prima di timbrare il cartellino, necessari a spogliarsi e rivestirsi sono, in definitiva, sottratti al tempo libero. Sicché è giusto che siano retribuiti.

Ma attenzione: il «tempo tuta» va remunerato solo a condizione che la divisa venga indossata o dismessa all’interno dell’azienda (di solito in appositi spogliatoi). Se invece il dipendente indossa la divisa già da casa non ha diritto ad alcuna indennità visto che, in ogni caso, avrebbe dovuto spendere del tempo per indossare un abito prima di uscire di casa.

Come chiarito l’anno scorso dalla Cassazione [2], nel rapporto di lavoro subordinato, il tempo per indossare la divisa aziendale rientra nell’orario di lavoro, ove, attraverso la regolazione contrattuale, venga accertato che tale operazione è diretta dal datore con riguardo al tempo e al luogo di esecuzione della vestizione; l’eterodirezione può derivare dall’esplicita disciplina d’impresa o risultare implicitamente dalla natura degli indumenti, o dalla specifica funzione che devono assolvere, quando gli stessi siano diversi da quelli utilizzati o utilizzabili secondo un criterio di normalità sociale dell’abbigliamento.

Quando il tempo tuta va retribuito

Per valutare se il tempo occorrente per indossare la divisa aziendale debba essere retribuito o meno, occorre far riferimento alla disciplina contrattuale specifica: in particolare, ove sia data facoltà al lavoratore di scegliere il tempo e il luogo ove indossare la divisa stessa (anche presso la propria abitazione, prima di recarsi al lavoro) la relativa attività fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento dell’attività lavorativa, e come tale non deve essere retribuita. Al contrario, se tale operazione è diretta dal datore di lavoro, che ne disciplina il tempo ed il luogo di esecuzione, rientra nel lavoro effettivo e di conseguenza il tempo ad essa necessario deve essere retribuito.

Tempo camice per Oss e infermieri: spetta l’indennità

Questi principi sono stati, di recente, estesi dal tribunale di Milano [1] anche ad Oss e infermieriva pagato il tempo per indossare il camice, afferma la sentenza dello scorso 5 marzo. Vediamo quali sono dunque, nel dettaglio, quali sono le regole per il personale medico e paramedico.

Più che «tempo tuta» lo potremmo definire «tempo camice» quando si ha a che fare con personale medico e paramedico. Il camice bianco non è altro che una divisa aziendale; per cui il tempo necessario a indossarlo e toglierlo deve essere retribuito quando l’operazione è imposta dall’azienda datrice di lavoro, che ne disciplina modo e luogo. Se, infatti, la clinica privata, l’ospedale, il laboratorio di analisi, la casa di cura impone ai propri dipendenti, per motivi di sicurezza – e, in particolar modo di igiene – di indossare la divisa sul luogo di lavoro, deve anche versare una indennità per quei minuti impiegati, prima di prendere servizio o al termine dello stesso, per vestirsi e svestirsi.

Di solito il tempo camice viene disciplinato dai contratti collettivi nazionali o dagli accordi aziendali. Viene previsto un quarto d’ora di tempo per indossare tutti gli indumenti da lavoro, vale a dire casacca, pantaloni, maglietta e felpa.

Ora, se – come anticipato – la vestizione e dismissione dell’abito da lavoro avviene a casa, il tempo necessario a mettere e togliere la divisa non deve essere retribuito in quanto non rientra nel normale orario di lavoro. Si tratta di attività preparatorie allo svolgimento della prestazione, tipiche di qualsiasi altro dipendente.

Nel caso però degli oss e infermieri il discorso è diverso: laddove – per evitare contaminazioni di germi e batteri – l’azienda datrice di lavoro stabilisce che il camice debba rimanere sul luogo di lavoro e unicamente lì debba essere indossato, allora il tempo occorrente per togliere i precedenti vestiti e indossare la “divisa” va regolarmente retribuito: fa parte cioè del normale orario di lavoro. E ciò a prescindere dal fatto che i contratti collettivi non abbiano disposto nulla a riguardo.

I paramedici, insomma, hanno diritto a quindici minuti pagati per ogni giorni di effettivo servizio che risulta dalle buste paga depositate agli atti. Ma dal monte ore vanno tolte le eccedenze, cioè tutte le situazioni nelle quali l’orario utile ai fini retributivi è stato calcolato in base alla timbratura in ingresso e in uscita e non limitato al turno di lavoro: in tal caso c’è stata regolare retribuzione.

E dunque, va computato nell’orario di lavoro il tempo impiegato dal dipendente per la vestizione e la svestizione della divisa da lavoro ove tale operazione sia assoggettata, in ordine al luogo e alle modalità, alle prescrizioni datoriali, oltre a essere funzionale, come nella specie, al rispetto delle previsioni di legge in tema di igiene.

note

[1] Trib. Milano, sent. n. 116/19.

[2] Cass. sent. n. 7738/2018.

 

FONTE: https://bit.ly/2I1Tx5x

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