Approfondimenti, Domande & Risposte, Lavoro e Previdenza

Che succede se rifiuto il rinnovo di un contratto a termine?

A cosa ha diritto il dipendente che non vuole rinnovare il contratto a tempo determinato: può ottenere l’assegno di disoccupazione (NASPI)?

Il contratto di lavoro a termine, o a tempo determinato, è caratterizzato dal fatto di avere una durata prestabilita alla cui scadenza il rapporto cessa automaticamente senza bisogno di disdetta. Tuttavia, se il dipendente prosegue a svolgere la sua attività anche dopo la scadenza, il contratto si converte automaticamente in un rapporto a tempo indeterminato. Detto ciò analizziamo che succede se il dipendente rifiuta il rinnovo di un contratto a termine offertogli dal datore: ha diritto all’assegno di disoccupazione (la Naspi)?

Partiamo da una premessa fondamentale: il numero di rinnovi del contratto a tempo determinato non è illimitato. La legge fissa un tetto per evitare abusi da parte delle aziende. Ed è proprio da questo limite che partirà la nostra guida.

Quanti rinnovi può avere un contratto a termine?

La disciplina dei contratti a termine in Italia è regolata principalmente dal Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, che stabilisce le condizioni per la stipulazione, la durata e le modalità di rinnovo di tali contratti.

Per legge, un contratto a termine può avere la durata di massimo 12 mesi, anche se ciò avviene con più contratti (ad esempio due contratti da sei mesi ciascuno o quattro da tre mesi l’uno).

È possibile rinnovare il contratto a termine alla scadenza dei 12 mesi, senza però superare 24 mesi, a patto che sussistano alcune motivazioni elencate dalla legge (le cosiddette “causali”). Si tratta delle seguenti ipotesi:

  • casi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ovvero dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle RSA/RSU;
  • in assenza di disposizioni dei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
  • esigenze di sostituzione di altri lavoratori.

In assenza di tali condizioni, il contratto si trasforma automaticamente in un contratto a tempo indeterminato.

Il regime delle causali non si applica ai contratti stagionali.

Per maggiori informazioni su questo argomento leggi: Contratto di lavoro a tempo determinato: cosa succede alla scadenza?

Rinnovo e proroga dei contratti a termine

Alla scadenza del termine del contratto a tempo determinato si può procedere con:

  • il rinnovo: in questo caso si ha la stipulazione di un nuovo contratto;
  • la proroga: consiste nell’estensione della durata del contratto esistente. Si ha quindi il medesimo contratto.

Come anticipato sopra, la normativa prevede che il contratto possa essere rinnovato o prorogato liberamente solo nei primi dodici mesi, ma dopo solo in presenza delle causali.

Conseguenze del rifiuto di rinnovo del contratto a tempo determinato

Il rifiuto del rinnovo di un contratto a termine può avere diverse conseguenze legali, a seconda delle circostanze specifiche del caso.

Per il lavoratore

Il lavoratore non è obbligato ad accettare il rinnovo di un contratto a termine. Il rifiuto di rinnovo non comporta alcuna sanzione o conseguenza legale, né risulta da certificati visibili a futuri datori di lavoro.

Dunque, il dipendente può decidere liberamente di non proseguire il rapporto di lavoro alla scadenza del contratto.

Quanto all’assegno di disoccupazione (NASPI), questo spetta solo se lo stato di disoccupazione è involontario. Pertanto, nel caso di cessazione del contratto a termine, il lavoratore ha diritto alla NASPI solo quando:

  • è il datore di lavoro a non voler rinnovare il contratto;
  • è il dipendente a non voler rinnovare il contratto ma manifesta tale volontà solo verbalmente, senza lasciare nulla per iscritto;
  • è il dipendente a non voler rinnovare il contratto, ma il datore di lavoro non lo comunica all’Inps.

Invece, se il rifiuto al rinnovo del contratto a termine viene espresso dal dipendente per iscritto e il datore lo trasmette all’Inps, il dipendente perde la NASPI.

In alcuni casi, il lavoratore potrebbe avere diritto a un’indennità di fine rapporto, a seconda delle clausole contrattuali e delle disposizioni del contratto collettivo applicabile.

Per il datore di lavoro

Il datore di lavoro non deve più ammettere il dipendente in azienda o comunque farlo lavorare. Se così facesse, nonostante la disdetta del contratto a termine, il rapporto proseguirebbe di fatto e si trasformerebbe in un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Disdetta anticipata del contratto a termine

Tanto il datore quanto il dipendente non possono recedere anticipatamente dal contratto a termine, ossia interromperlo prima della sua scadenza. Lo si può fare solo nel caso in cui vi sia una giusta causa di licenziamento o di dimissioni.

La giurisprudenza ha stabilito che il datore di lavoro non può risolvere anticipatamente un contratto a termine per giustificato motivo oggettivo, a meno che non vi siano giuste cause specifiche. Questo principio si applica anche in caso di rinnovo, dove il datore di lavoro deve rispettare le condizioni previste dalla legge (Tribunale Roma, sez. LV, sentenza n. 9150 del 26 ottobre 2015).

FONTE: https://shorturl.at/BXGcA

Commenta