Di regola, il trasferimento del dipendente non è ammesso dalla legge 104: le eccezioni stabilite dalla legge e dalla giurisprudenza.
Sei un lavoratore dipendente ed hai un genitore in gravi difficoltà fisiche che necessita di assistenza. Per queste ragioni usufruisci dei benefici concessi e riconosciuti dall’arcinota legge 104. In virtù di ciò, godi dei tre giorni di permesso mensili e continuativamente presti aiuto a tua madre, che ha bisogno di frequenti attenzioni. Ebbene, alla luce dei predetti presupposti, il tuo datore di lavoro può trasferirti in un’altra sede lavorativa? Se le esigenze organizzative e/o produttive dell’azienda in cui lavori, richiedono la necessità della tua presenza altrove, sono queste sufficienti a giustificare e consentire il tuo trasferimento? Trattasi di domande più che lecite, pertanto, vediamo insieme se in virtù della legge 104 il lavoratore dipendente può essere trasferito.
Legge 104: è ammissibile il trasferimento del lavoratore?
La citata legge 104 [1] prende esplicitamente in considerazione l’ipotesi in esame in questa pubblicazione. In primo luogo, essa elenca le categorie di persone che possono usufruire dei permessi mensili retribuiti e coperti da contribuzione, nonostante l’assenza dal posto di lavoro. Ad esempio, possono beneficiarne il figlio della persona in situazione di gravità oppure il coniuge della stessa. Ancor più ha diritto alla descritta agevolazione il genitore della persona con disabilità accertata. Ebbene nei casi presi qui ad esempio, la stessa legge precisa [2] che il lavoratore in questione ha diritto a scegliere la sede lavorativa più vicina al luogo di domicilio della persona da assistere, e non può essere trasferito in altra sede, senza il proprio consenso. La legge, pertanto, privilegia le esigenze del lavoratore. Se questi deve continuativamente assistere il parente stretto in difficoltà, non può certamente essere mandato altrove indiscriminatamente. Non avrebbe senso, infatti, riconoscergli i legittimi benefici di legge e poi porlo nelle condizioni di non svolgere la sua funzione assistenziale. Pertanto, la disposizione normativa in esame, indubbiamente non fa una piega: ma sono ammesse delle eccezioni?
Legge 104: quando è ammesso il trasferimento?
Il trasferimento del lavoratore dipendente che usufruisce dei benefici della legge 104non è proprio inammissibile in tutti i casi. È la stessa legge che lo autorizza, ma è anche la giurisprudenza a prevederlo: vediamo insieme in quali casi:
- Il consenso del lavoratore: se colui che usufruisce dei permessi mensili retribuiti acconsente al proprio trasferimento di sede lavorativa, esso è ovviamente ammesso. In questo caso, la volontà del dipendente evidentemente non si scontra con le esigenze di assistenza che giustificano le agevolazioni concesse. In altri termini, il lavoratore ritiene che la continuità delle cure rivolte al proprio parente stretto (genitore, figlio, ecc) non sia sostanzialmente pregiudicata dal cambio di sede. Per queste ragioni, acconsente allo stesso ed il trasferimento disposto dal datore diventa pienamente legittimo;
- l’incompatibilità della permanenza del lavoratore presso la sede di origine: può accadere che la presenza del dipendente nell’originaria sede lavorativa sia diventata un problema. Alla luce, ad esempio, dei pessimi rapporti tra i colleghi e/o con gli utenti, questa situazione potrebbe risultare incompatibile e intollerabile. Per tali ragioni, il trasferimento in altra sede è legittimo, anche se trattasi di lavoratore che usufruisce delle agevolazioni della legge 104. La Cassazione [3] raggiunge questa conclusione, sostenendo che in un caso come questo, essendo impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro presso la vecchia sede, il trasferimento diventa necessario per evitare la soppressione del posto. Ma attenzione: la stessa Cassazione precisa, però, che le semplici ragioni tecnico/produttive e/o organizzative, che il datore di lavoro intende assecondare con la nuova assegnazione, non possono invece giustificare, e in alcun modo, un trasferimento che, senza il consenso del lavoratore, sarebbe quindi illegittimo.
[1] Legge 104/1992.
[2] Art. 33, co. 5 Legge 104/1992.
[3] Cass. Sez. Un. sent. n. 16102/2009 – Cass. sent. n. 15081/2015.
FONTE: http://bit.ly/2HGUTzF