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Si può licenziare chi chiede di passare a part time?

Il dipendente può esigere di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a part time? Rischia il licenziamento?

Fai la commessa in un negozio di abbigliamento. Sei stata assunta con un contratto a tempo pieno. Il capo ti fa lavorare molto più del dovuto. Non ti lascia libera neanche nei weekend. Da due anni hai avuto una figlia che ora sta crescendo coi nonni e col papà. La vai a prendere la sera quando torni dal lavoro, alle otto. A volte la trovi che già dorme. Tutto questo ti addolora: la piccola diventerà grande – e tu anziana – senza aver vissuto sufficientemente insieme. Hai così deciso di staccare la spina dal lavoro, o almeno di ridurre la corrente: tua figlia deve assolutamente stare con te almeno mezza giornata. Così sei andata dal tuo capo e gli hai chiesto di trasformare il contratto da tempo pieno in part time. Questi però non ne vuole sapere: sei indispensabile all’attività, sostiene, e non può fare a meno di te. Hai minacciato di dimetterti se la tua richiesta non dovesse essere accolta ma, in realtà, ciò che temi davvero è che sia il datore a licenziarti.

Se dovessi insistere e pretendere un contratto a tempo parziale cosa rischieresti? Si può licenziare chi chiede di passare da full time a part time? Vediamo cosa prevede a riguardo la legge.

Utilizzo del congedo parentale al posto del part time

La prima cosa che ti consente di fare la legge è di sfruttare il congedo parentale, ciò che un tempo si chiamava «astensione facoltativa dal lavoro». In pratica, la normativa a tutela delle lavoratrici madri dà la possibilità di ottenere la trasformazione in part time del rapporto utilizzando le ore di congedo parentale.

La legge dice che [1] il lavoratore può chiedere – per una sola volta – in luogo del congedo parentale o entro i limiti del congedo ancora spettante, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, a condizione che la riduzione d’orario non sia superiore al 50%.

Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro 15 giorni dalla richiesta.

Durante il congedo il rapporto di lavoro si sospende. Il dipendente percepisce solo una parte dello stipendio (il 30% dall’Inps più una integrazione dal datore di lavoro).

La durata dei congedi è così definita:

  • in presenza di entrambi i genitori, se a fruire del congedo è solo la madre: 6 mesi (trascorso il periodo di congedo di maternità);
  • in presenza di entrambi i genitori, se a fruire del congedo è solo il padre: 7 mesi dalla nascita del figlio;
  • in presenza di entrambi i genitori, se a fruire del congedo sono entrambi i genitori: 11 mesi totali, nel rispetto dei limiti massimi di 6 e 7 mesi previsti per madre e padre (madre: 6 mesi + padre: 5 mesi; oppure madre: 4 mesi + padre: 7 mesi);
  • in presenza di un solo genitore: 10 mesi.

Diritto di priorità al part-time 

Se il datore di lavoro intende procedere a nuove assunzioni con part-time, la donna con un figlio convivente di età non superiore a 13 anni ha priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a part-time. Può quindi pretendere di vedere modificato il proprio rapporto di lavoro. 

Lo stesso diritto spetta al lavoratore:

  • con coniuge, figli o genitori affetti da patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti;
  • che assiste una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che assuma connotazione di gravità (ai sensi della legge 104/92), alla quale è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100% con necessità di assistenza continua perché incapace di compiere gli atti quotidiani della vita;
  • con figlio convivente portatore di handicap.

Secondo il Ministero del lavoro [2], però, se il datore di lavoro non intende procedere a nuove assunzioni con part-time, il dipendente non ha diritto a ottenere la trasformazione del suo rapporto da full a part-time. Difatti la trasformazione è ammessa solo su accordo delle parti [3]e non può essere disposta unilateralmente né dal dipendente, né dal datore di lavoro (neanche se sussiste un motivo economico imputabile alla crisi aziendale). Nel senso inverso, è illegittimo il licenziamento intimato al dipendente part time che rifiuti di prestare attività lavorativa a tempo pieno, motivato in base alle esigenze organizzative aziendali. Chi ha il part-time ha il diritto di restare con part-time.

Il dipendente ha diritto a chiedere il part-time?

Secondo il ministero del lavoro e una pronuncia del 2011 della Cassazione [3], la trasformazione del rapporto è possibile solo se c’è il consenso di entrambe le parti. Fermo restando che non si può licenziare un dipendente solo perché “chiede” il passaggio da full time a part time (si tratterebbe di licenziamento ritorsivo), resta tuttavia illegittima la pretesa del lavoratore di convertire unilateralmente il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, senza il consenso del datore di lavoro. In pratica si tratta solo di una facoltà ma non di un diritto.

In ogni caso resta necessario sempre controllare il Ccnl che potrebbe contenere previsioni più favorevoli al dipendente.

note

[1] Art. 8, c. 7, D.Lgs. 81/2015.

[2] Risp. Interpello Min. Lav. 24 maggio 2005 n. 659.

[3] Cass. 21 novembre 2011 n. 24476

 

FONTE: https://bit.ly/2XWLzPm

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