Quando si possono ottenere Naspi, Dis-coll, assegni e reddito di cittadinanza (se parte). Quando un’offerta di lavoro è illegale perché discriminatoria.
Restare senza lavoro è un’esperienza traumatica per chi deve mantenere una famiglia. Lo Stato garantisce diverse forme di assistenza temporanea a chi si trova in questa situazione contro la sua volontà, cioè a chi è stato licenziato, a chi si è dimesso per giusta causa (mobbing, molestie, ecc.) o a chi ha finito un rapporto di lavoro. Ma i diritti dei disoccupati non si limitano a ciò che le casse dell’Inps devono garantire. Anche gli imprenditori sono tenuti a dimostrare la necessaria serietà nella ricerca di personale, evitando dei colloqui discriminatori e mantenendo i termini della trattativa avviata con un candidato prima dell’assunzione.
In altre parole, chi finisce nel calderone della disoccupazione non deve essere trattato né dallo Stato né dalle aziende in cui aspira ad entrare come lo sfortunato di turno da sfruttare perché ha bisogno di uno stipendio e, sicuramente, accetterà qualsiasi attività a qualsiasi prezzo. Questa speculazione calpesta la dignità non tanto del lavoratore quanto dell’essere umano. Ecco perché bisogna conoscere e far valere i diritti dei disoccupati.
Dal punto di vista dell’assistenza pubblica, si parla di Naspi, cioè di quello che una volta era conosciuto come sussidio di disoccupazione. Ma anche di Dis-coll, che sarebbe (più o meno) l’equivalente alla Naspi per i collaboratori che rimangono disoccupati non avendo avuto in precedenza un contratto di lavoro subordinato. E ancora: l’Asdi, cioè l’assegno di disoccupazione e quello di ricollocazione. A tutto ciò, che già esisteva, ai diritti dei disoccupati si aggiunge – forse – il reddito di cittadinanza. Diciamo «forse» perché il provvedimento deve essere ancora reso ufficiale e, ammesso e non concesso che lo sia, bisogna sapere a chi e in quali termini sarà erogato.
Dal punto di vista, invece, dei privati, i diritti dei disoccupati comprendono anche il giusto accesso al mercato del lavoro. Che passa necessariamente dalle inserzioni non discriminatorie che tengano, cioè, in considerazioni uomini e donne, italiani o stranieri con i dovuti requisiti, belli e brutti, alti e bassi. Così come comprendono anche il rispetto delle condizioni stabilite durante le varie fasi del colloquio. Un po’ – passateci il paragone – come dovrebbe succedere nei tribunali: se un imputato ha diritto ad un giusto processo, un disoccupato ha diritto ad un giusto colloquio. Non per la sua condizione deve elemosinare il posto ma ottenerlo in base alle sue capacità ed alla sua esperienza. E se il datore di lavoro gli ha già dato delle garanzie quando la trattativa è a buon punto, non può tirarsi indietro, magari quando il candidato ha già puntato su quell’azienda rifiutando altre proposte meno convenienti.
Diritti dei disoccupati: chi riguardano?
La prima cosa da stabilire è chi può rivendicare i diritti dei disoccupati, cioè quando si entra nello stato di disoccupazione. Appartiene a tale categoria chi è stato licenziato, chi ha finito un contratto di lavoro o chi si è dimesso per giusta causa o durante il periodo di maternità. Ma anche chi ha un lavoro ma è disoccupato parziale, cioè non guadagna più di 8.000 euro l’anno come dipendente o collaboratore o più di 4.800 euro come autonomo. Sono i cosiddetti disoccupati parziali.
Chi, invece, non è considerato disoccupato pur non avendo un lavoro? Chi, ad esempio, ha dato le dimissioni volontariamente.
Tuttavia, i diritti dei disoccupati si difendono solo se ci si rende disponibili per una nuova attività lavorativa. Per questo deve andare al Centro per l’impiego e presentare la Did, cioè la dichiarazione di immediata disponibilità. Una pratica che prevede la partecipazione a corsi di formazione e di orientamento oltre che alla ricerca attiva di un lavoro. Una seconda firma verrà richiesta per il patto di servizio, cioè per il progetto che contempla delle attività personalizzate, finalizzate a ricollocare il disoccupato.
La Did può essere presentata anche telematicamente, in sede di richiesta all’Inps dell’indennità di disoccupazione.
Diritti dei disoccupati: la Naspi
La Naspi è la nuova indennità di disoccupazione. Dura la metà delle settimane contribuite ed è pari al 75% della retribuzione imponibile media mensile degli ultimi 4 anni.
Per avere diritto alla Naspi, il disoccupato deve avere almeno 13 settimane di contributi versati negli ultimi 4 anni e 3 giornate di lavoro nell’anno in corso. Sino a 1.195 euro, se l’imponibile medio è superiore, l’indennità deve essere così determinata: 75% di 1.195 euro, più il 25% della differenza tra 1.195 euro ed il maggior importo, fino ad un limite massimo erogabile di 1.300 euro.
Come anticipato, lo stato di disoccupazione – e quindi il diritto alla Naspi – non si perde in caso di nuova occupazione subordinata o parasubordinata con un reddito annuo inferiore a 8.000 euro, anche se a tempo indeterminato, o per un’attività di lavoro autonomo che con compensi inferiori a 4.800 euro annui. In questi casi, però, la Naspi viene ridotta in misura pari all’80% del nuovo reddito.
Diritti dei disoccupati: la Dis-Coll
La Dis-coll, come si può intuire dalla sigla, è la disoccupazione dei collaboratori, cioè l’indennità destinata ai lavoratori parasubordinati, cioè quelli che hanno (o per meglio dire, avevano) un contratto di collaborazione.
Per avere diritto alla Dis-Coll, il lavoratore deve avere:
- 3 mesi di contributi nell’anno precedente al termine della collaborazione;
- un mese di contributi nell’anno in cui termina il contratto.
In alternativa, basta un rapporto di collaborazione di almeno un mese nell’anno in corso, che preveda un compenso pari alla metà della contribuzione minima mensile.
L’indennità è pari al 75% dell’imponibile medio mensile (eccetto le ipotesi di superamento di determinate soglie), ed ha una durata massima di 6 mesi.
Diritti dei disoccupati: l’Asdi
Altra sigla che fa parte dei diritti dei disoccupati: l’Asdi, vale a dire assegno di disoccupazione. Spetta per 6 mesi a chi ha concluso la Naspi e, inoltre, a chi possiede questi requisiti:
- avere lo stato di disoccupazione e aver sottoscritto col centro per l’impiego il patto di servizio;
- non aver richiesto la Naspi anticipata in un’unica soluzione;
- far parte di un nucleo familiare con almeno un minorenne (anche non figlio del richiedente), oppure avere almeno 55 anni di età;
- non possedere i requisiti per l’assegno sociale, la pensione anticipata o di vecchiaia;
- avere un Isee non superiore a 5.000 euro;
- non aver percepito Aspi o Mini Aspi (le vecchie indennità di disoccupazione) sino al 31 dicembre 2015;
- non aver percepito 20 mesi di Asdi nel quinquennio precedente;
- non aver percepito 6 mesi di Asdi nell’anno precedente.
L’assegno è pari al 75% della Naspi. È ridotto in misura pari all’80% del reddito se la nuova attività lavorativa produce gli introiti già segnalati per lo stato di disoccupazione, cioè: meno di 8.000 euro per dipendenti e collaboratori e meno di 4.800 euro per gli autonomi.
Diritti dei disoccupati: l’assegno di ricollocazione
Tra i diritti dei disoccupati c’è anche l’assegno di ricollocazione che, però, non è un sussidio per affrontare le spese del mese in attesa di una nuova collocazione. Si tratta di un’agevolazione per cercare un nuovo lavoro. Interessa chi è rimasto a piedi da almeno 4 mesi e, pertanto, già percepisce la Naspi. In altre parole: si tratta di un voucher da spendere per la ricerca attiva di lavoro.
L’Anpal (l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro) eroga dei buoni tra i 250 e i 5.000 euro spendibili per i servizi dei Centri per l’Impiego e delle Agenzie per il lavoro accreditate. Quindi, l’assegno viene versato all’ente che si occupa del reinserimento del lavoratore disoccupato e non direttamente al lavoratore.
Per ottenere l’assegno di ricollocazione, si deve presentare domanda online sito dell’Anpal (anpal.gov.it) oppure presso un Centro per l’impiego e richiedere i voucher per la ricerca attiva di lavoro, indicando l’ente dal quale si vuole avere assistenza per la ricerca di un nuovo lavoro. L’Agenzia, verificati i requisiti, invierà al lavoratore disoccupato entro 7 giorni la relativa comunicazione.
La durata del programma di reinserimento lavorativo sarà di 6 mesi, prorogabile per altri 6 mesi.
L’importo dipende dalla difficoltà di reinserimento e dalla tipologia contrattuale di assunzione. Se si tratta di un contratto a tempo indeterminato potrà essere incassato l’importo pieno del sussidio. Se, invece, si parla di un contratto a tempo determinato di oltre 6 mesi, all’ente spetterà la metà della cifra erogata dall’Anpal sulla base del grado di difficoltà al reinserimento lavorativo del disoccupato.
Diritti dei disoccupati: il reddito di cittadinanza
Tra le novità che rientrano nei diritti dei disoccupati si inserisce il reddito di cittadinanza, cioè la misura assistenziale voluta da una delle compagini dell’attuale Governo, il Movimento 5 Stelle. Nulla è ancora definitivo, sia perché il provvedimento è ancora in fase di approvazione sia perché ancora non si sa né quando verrà erogato (si parla del mese di marzo 2019) né a quanto ammonterà (i 780 euro mensili promessi all’inizio potrebbero scendere a 500 euro). Inoltre, i contrasti con l’altra compagine di governo, cioè con la Lega, lasciano in bilico l’attuazione del sussidio.
Allo stato attuale delle cose, potrà accedere al sussidio chi ha un reddito inferiore a 780 euro mensili o, comunque, un Isee al di sotto di 9.360 euro annui, sempre che si tratti di un single. C’è, poi, l’integrazione al reddito sempre fino al raggiungimento dello stesso tetto per chi ha fino a 30mila euro annui di capitale immobiliare oltre alla prima casa o un patrimonio immobiliare entro i 10mila euro per famiglie con più figli, maggiorato di 5mila euro per i disabili.
Ci devono essere, inoltre, queste condizioni per avere diritto al reddito di cittadinanza:
- la ricerca attiva di un lavoro;
- la partecipazione ed il completamento dei corsi di formazione;
- l’involontarietà della disoccupazione.
Alla presenza di questi requisiti, il cittadino riceverà dallo Stato 780 euro al mese. Come detto, sempre che la cifra resti questa. Oltretutto, e secondo le ultime dichiarazioni del ministro del Lavoro Luigi Di Maio, non avrà diritto al reddito di cittadinanza chi presenta le dimissioni volontarie.
Trovi, comunque, tutte le informazioni e le novità sul reddito di cittadinanza in questa nostra guida.
Diritti dei disoccupati: le pari opportunità ad accedere al lavoro
Forse anche a te è capitato di cercare un annuncio di lavoro e trovare delle frasi del tipo: «Ragazza di bella presenza», «di età inferiore a…», «astenersi stranieri», ecc. Devi sapere che questi annunci sono illegali e violano i diritti dei disoccupati.
La legge, infatti, stabilisce che gli annunci con offerte di lavoro devono rispettare la parità di accesso al di là dell’età, del sesso, della cittadinanza (sempre che si tratti di persone regolarmente residenti in Italia) e dell’orientamento religioso o sessuale. Significa che ad un colloquio deve essere ammesso chiunque. Altro discorso è che, in fase di selezione, vengano giustamente scelti i più idonei. Ma il criterio di scelta deve essere quello della capacità e non qualsiasi altro di tipo discriminatorio.
Di recente, ad esempio, una nota firma di abbigliamento per uomo ha pubblicato il seguente annuncio: «La società xxxx ricerca apprendisti/commessa (età massima 29 anni) per il punto vendita di xxxx con esperienza di almeno 6 anni nel settore […]. Si richiede ottima lingua inglese e francese e buon utilizzo dei sistemi informatici». Un’autentica perla, per vari motivi. Prima di tutto, si cerca una persona di al massimo 29 anni con 6 anni di esperienza. Significa che deve avere iniziato al massimo a 23 anni, cioè quando la maggior parte dei giovani sta per laurearsi. Già questa è una discriminazione: dovrebbero spiegare perché non va bene una persona di 30 anni. A meno che, assumendone una di 29, vogliano sfruttare i benefici di legge. Ma questo non giustifica che gli over 29 debbano restare fuori in partenza.
Non contenti, offrono un apprendistato a chi ha 6 anni di esperienza e conosce almeno due lingue. Anche su questo ci sarebbe tanto da dire: vuoi un’apprendista o vuoi una persona di esperienza che, quindi, va pagata come tale?
Infine, la dicitura «commessa». Che cos’ha un commesso di 29 anni con 6 anni di esperienza, che parla inglese e francese (e magari anche spagnolo e tedesco se ha una laurea in lingue) che non vada bene? Un annuncio come questo è illegale. Nonostante a pubblicarlo sia una firma di tutto rispetto.
Ci sono, comunque., delle eccezioni a queste regole e riguardano il settore dello spettacoloe delle forze armate. Ad esempio, è lecito cercare un corista maschio per un determinato lavoro o un’attrice per un certo ruolo a teatro o in una fiction. Oppure è normale che un poliziotto o un carabiniere debba avere in partenza una certa età e delle caratteristiche fisiche compatibili con la sua funzione. Una femmina difficilmente potrà interpretare il commissario Montalbano se Luca Zingaretti decidesse di lasciare la serie. Come una persona con disabilità motoria raramente potrà far parte dei reparti speciali incaricati di fare un blitz in casa di un mafioso.
Diritti dei disoccupati: le promesse nella trattativa vanno mantenute?
Può capitare anche che un disoccupato venga contattato da un’azienda per un nuovo lavoro. E che il capo del personale abbia dato al candidato delle buone prospettive di assunzione: il profilo piace, il modo di fare anche, l’esperienza c’è. Si fanno dei passi avanti nella trattativa ma, quando tutto sembra ormai fatto, il datore di lavoro si tira indietro. È legale? No. Anche questo viola i diritti dei disoccupati. Il Codice civile, infatti [1], sancisce che le parti devono comportarsi in tutti i contratti, al momento della trattativa preliminare e nella formazione del contratto stesso, secondo i princìpi della correttezza e della buona fede. E quando si dice «tutti i contratti» si parla, quindi, anche di quelli di lavoro.
Questo vuol dire che ciascuna delle parti si impegna a non coinvolgere l’altra in una trattativa inutile, pena la violazione della cosiddetta «responsabilità precontrattuale», che scatta quando la trattativa è arrivata a buon punto. Se il disoccupato vede che questa responsabilità viene meno da parte dell’azienda, ha diritto a chiedere un risarcimento, come ti spieghiamo in questo articolo.
Diritti dei disoccupati: quando si perdono?
Lo stato di disoccupazione e le relative agevolazioni si perdono quando:
- il lavoratore si assenta per 3 volte alle convocazioni o agli appuntamenti previsti nel patto di servizio. Già alla prima assenza il trattamento mensile è decurtato di ¼, alla seconda è decurtata una mensilità;
- il lavoratore si assenta per 2 volte alle iniziative di orientamento attivate nei suoi confronti (alla prima assenza si perde una mensilità);
- il lavoratore è rioccupato come dipendente a tempo indeterminato con reddito superiore a 8000 euro annui, o in una nuova attività di lavoro autonomo con introiti annui superiori a 4800 euro;
- il lavoratore raggiunge i requisiti utili alla pensione;
- il lavoratore acquisisce il diritto alla pensione o all’assegno ordinario d’invalidità (ma può optare per l’indennità di disoccupazione, se più favorevole);
- il lavoratore inizia un’attività subordinata, autonoma o d’impresa senza comunicarlo all’Inps entro 30 giorni (col modello Asdi- Com), a meno che la durata del rapporto sia inferiore ai 6 mesi o che il rapporto sia comunicato dal datore di lavoro con modello Unilav.
note
[1] Art. 1337 cod. civ.
FONTE: https://bit.ly/2BkqJ2S