Il dipendente può rifiutarsi di lavorare nei giorni di festa del calendario oppure può essere licenziato?
Immagina che il tuo datore di lavoro ti chieda di fare il turno proprio nel giorno del 1° maggio o il 25 aprile. Tu hai già organizzato un viaggio con i tuoi amici e non hai alcuna intenzione di rinviarlo. Dinanzi al tuo rifiuto, il capo oppone ferma resistenza: a suo avviso devi rispettare l’ordine di servizio; del resto – sostiene – il contratto collettivo relativo alla tua categoria prevede la possibilità di lavoro festivo. È quindi nel suo potere importi di andare a lavorare. In caso contrario, devi prenderti un giorno di ferie. È davvero così? Il lavoro festivo è obbligatorio? La questione è stata decisa dalla Cassazione con una recente sentenza [1].
La Corte si è occupata di un tema che spesso si presenta nell’ambito dei rapporti aziendali, sia nelle piccole che nelle grandi realtà. Anche il lavoro domenicale genera spesso attriti nonostante la maggiorazione di retribuzione prevista dalla legge (purtroppo non sempre rispettata dal datore di lavoro).
Vediamo, dunque, qual è stata la posizione dei giudici supremi in merito alla tutela del lavoratore nei giorni “rossi” del calendario.
Quali sono i giorni festivi?
Prima di spiegare se il lavoro festivo è obbligatorio e, quindi, se il dipendente può rifiutarsi di lavorare in tali date, vediamo quali sono le festività considerate tali dalla legge.
Innanzitutto, le festività non vanno confuse con le domeniche. Oltre a queste ultime, infatti, la legge, nel tentativo di far coincidere le ricorrenze religiose con le feste civili, ha stilato un vero e proprio calendario di giorni in cui non si lavora. Ecco quali sono:
- 1° gennaio: Capodanno;
- 6 gennaio: Epifania;
- Domenica di Pasqua
- Pasquetta o Lunedì dell’Angelo;
- 25 aprile: giorno della Liberazione;
- 1° maggio: festa dei Lavoratori;
- 2 giugno: festa della Repubblica;
- 15 agosto: giorno dell’Assunzione, o Ferragosto (da Feriae Augusti, festività istituita dall’imperatore Augusto, poi ripresa in età fascista);
- 1° novembre: festa di Ognissanti;
- 8 dicembre: festa dell’Immacolata Concezione;
- 25 dicembre: Natale;
- 26 dicembre: Santo Stefano.
Vediamo ora se il datore di lavoro può costringere il dipendente a lavorare in uno di questi giorni.
Il lavoro festivo è obbligatorio?
«Sono obbligato a lavorare nei giorni di festa?» Quale lavoratore non si è già posto questa domanda! Ebbene, a riguardo, la Cassazione ha formulato la seguente regola: ogni dipendente ha un vero e proprio diritto di astenersi nelle ricorrenze civili. Pertanto l’azienda non può licenziare il lavoratore che rifiuta il turno durante le festività. L’eventuale licenziamento sarebbe illegittimo.
Il diritto di astenersi dalla prestazione lavorativa e di riposarsi nei giorni “rossi” infrasettimanali è pieno e ha carattere generale: riguarda cioè qualsiasi dipendente in quanto tutelato dalla stessa Costituzione.
Tale diritto può essere derogato solo da un accordo specifico con il datore di lavoro. Accordo che non può essere costituito dal contratto collettivo nazionale di lavoro, neanche se in esso è prevista la possibilità di lavoro festivo. Deve allora trattarsi di patto siglato individualmente tra datore di lavoro e dipendente o raggiunto con l’intervento del sindacato (il quale tuttavia deve aver ricevuto un mandato apposito): in esso va chiarito appunto l’assunzione, da parte del dipendente, dell’obbligo di non rifiutare la prestazione nelle ricorrenze.
Salvo sussista tale accordo specifico, è fatto sempre salvo il diritto del lavoratore di rifiutarsi di lavorare durante le festività.
A prevedere l’intangibilità delle festività infrasettimanali è la stessa legge, anzi ben due: la prima che risale addirittura al lontano 1949 [2] e l’altra del 1977 [3]. Entrambe possono essere considerate una normativa “sovraordinata”, completa e autosufficiente, tale cioè da non poter ammettere integrazioni analogiche o commistioni con altre discipline. Nessun Ccnl, quindi, vi può derogare prevedendo l’obbligo di lavorare, ad esempio, il primo maggio o il 25 aprile. Gli stessi sindacati hanno bisogno di un mandato apposito e individuale da parte di ciascun lavoratore per trattare con l’azienda sulla rinuncia alle festività. Vengono infatti in gioco diritti indisponibili per i lavoratori.
Quali lavoratori devono lavorare nei giorni festivi
L’unica eccezione a tale regola vale solo per i dipendenti di istituzioni sanitarie (pubbliche e private) considerata la particolarità e delicatezza del campo: essi sono infatti obbligati alle prestazioni durante le ricorrenze se le esigenze di servizio non permettono il riposo. Per il resto il datore non può derogare in modo unilaterale alla fruizione del riposo, anche se la motivazione è costituita da esigenze produttive.
Lavoro domenicale
Quanto appena detto si riferisce solo alle festività infrasettimanali. Per il lavoro domenicale vige un’altra disciplina che abbiamo approfondito nella nostra guida sul lavoro domenicale. In tali ipotesi la legge stabilisce [3] l’obbligo di lavorare la domenica, purché il dipendente possa fruire di un riposo settimanale di 24 ore (più ulteriori 11 ore di riposo giornaliero). In parole semplici, il lavoratore deve potersi riposare per almeno 35 ore ogni 7 giorni. Questo valore è, comunque, inteso come media nell’arco di 14 giorni: ciò significa che, se una settimana il dipendente non si riposa, la settimana successiva ha diritto al riposo doppio.
[1] Cass. sent. n. 18887/2019.
[2] Legge 260/49 – così come modificata dalla 90/1954 – e 54/1977.
[3] D.lgs.66/2003.
FONTE: https://bit.ly/2LRDcSy