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Controllo dipendenti telecamere

Quando è lecito e quando invece è reato installare la videosorveglianza sui luoghi di lavoro: il consenso dei dipendenti non è da solo sufficiente.  

Vietato il controllo dei dipendenti con telecamere, a meno che non siano state concertate coi sindacati o vi sia stata l’approvazione della direzione territoriale del lavoro. Non basta, quindi, il semplice consenso dei lavoratori all’uso della videosorveglianza nel negozio, nell’ufficio, nel centro commerciale o finanche nello studio professionale. In più, la presenza dell’impianto deve essere segnalata in modo visibile e comunicata in anticipo al personale.

Sono queste le regole che derivano dall’applicazione dello Statuto dei lavoratori per come di recente interpretato anche dalla Cassazione. Non è la prima volta che la Corte si trova a dover fare i conti con il controllo dei dipendenti con telecamere privo dei requisiti previsti dalla normativa. La violazione delle disposizioni poste a tutela dei lavoratori implica, però, delle responsabilità penali dinanzi alle quali è difficile sottrarsi. Ma procediamo con ordine e vediamo cosa stabilisce la legge. 

Si possono installare telecamere di controllo dei dipendenti sul lavoro?

Lo Statuto dei lavoratori [1] consente l’installazione di telecamere di controllo sui luoghi di lavoro solo previo accordo collettivo stipulato dalla Rsu o dalle Rsa, ma solo a condizione che esse siano rivolte a soddisfare:

    • finalità organizzative e produttive: si pensi alla telecamera posta sulla porta di un negozio per sapere se entrano clienti;
    • la sicurezza del lavoro: si pensi alla telecamera alle poste o in banca per dissuadere eventuali rapine;
  • la tutela del patrimonio aziendale: si pensi alla telecamera posta vicino agli scomparti del supermercato per evitare furti da parte dei clienti o degli stessi dipendenti. 

Tale regola vale anche quando le apparecchiature sono solo installate, ma non ancora funzionanti o quando il controllo è discontinuo perché esercitato in locali dove i lavoratori possono trovarsi solo saltuariamente. La violazione si configura anche nel caso di telecamere finte montate a scopo esclusivamente dissuasivo.

In mancanza di accordo sindacale, gli impianti e gli strumenti di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere installati previa autorizzazione dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro o, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Itl, della sede centrale dell’Inl.

Per ottenere l’autorizzazione, le aziende devono presentare apposita istanza utilizzando la modulistica disponibile sul sito dell’Inl (www.ispettorato.gov.it, sezione modulistica). Se gli impianti sono istallati per motivi di “sicurezza sul lavoro” l’istanza deve essere corredata dagli estratti del Dvr dai quali risulta che l’istallazione degli strumenti di controllo a distanza è misura necessaria ed adeguata per ridurre i rischi di salute e sicurezza cui sono esposti i lavoratori.

Si possono installare telecamere di controllo con il consenso dei dipendenti?

Per l’installazione e l’utilizzo degli impianti è sempre necessario un atto espresso di autorizzazione da parte dei sindacati o dell’Itl. L’eventuale consenso prestato dai lavoratori, a cui il datore di lavoro ha fatto firmare una liberatoria all’installazione di un impianto di videosorveglianza sul lavoro, non giustifica l’adozione di tali controlli. La legge, infatti, oltre a fissare in modo netto le finalità per le quali il controllo può avvenire, richiede sempre l’accordo sindacale o, in difetto, l’autorizzazione dell’Ispettorato territoriale del lavoro.

In assenza di tale procedura, il datore di lavoro può essere denunciato per il reato di «violazione del divieto di controlli a distanza sui lavoratori». 

L’interesse collettivo sotteso alla disciplina statutaria sull’installazione delle telecamere o di altri strumenti da cui possa derivare il controllo a distanza sull’attività dei lavoratori impedisce di attribuire ai singoli dipendenti, benché il consenso sia stato espresso dalla totalità delle persone che prestano la propria attività in azienda, la facoltà di sanare eventuali irregolarità del datore.

Secondo la Cassazione, l’esistenza di una dichiarazione sottoscritta da tutti i dipendenti in cui sia stato affermato di liberare il datore dagli obblighi del previo accordo sindacale e dell’autorizzazione dell’Ispettorato, non comporta alcuna esimente rispetto alla produzione dell’illecito penale.

Le disposizioni dello Statuto dei lavoratori in materia di installazione di impianti da cui possa derivare il controllo a distanza sull’esercizio delle mansioni è rivolta a tutelare il superiore interesse collettivo alla tutela della dignità dei lavoratori. 

Il consenso dei lavoratori non può da solo sanare l’illecito anche in considerazione del ruolo di parte debole che connota il lavoratore rispetto alla parte datoriale. «Le diseguaglianze di fatto» e la «indiscutibile» sproporzione nei rapporti di forza economico-sociali a vantaggio del datore impone di ritenere inderogabile il confronto con le rappresentanze sindacali e, in mancanza di accordo, l’autorizzazione dell’Ispettorato per la valida installazione dei sistemi di sorveglianza.

La legge – ribadisce la Cassazione – inibisce, in assenza dello svolgimento delle preordinate intese con le rappresentanze dei lavoratori ovvero in assenza della autorizzazione rilasciata dall’Ispettorato del lavoro, l’installazione degli strumenti di videosorveglianza a distanza; il fatto che poi le immagini riprese con tali strumenti siano nella disponibilità del datore di lavoro ovvero di un terzo, peraltro da quello incaricato, è circostanza del tutto irrilevante ai fini dell’integrazione del reato. 

Altre condizioni per il controllo dei dipendenti 

Non è finita qua. Affinché l’uso dell’impianto di videosorveglianza sia lecito è necessario che la presenza delle telecamere sia stata previamente segnalata ai dipendenti con appositi cartelli. In altri termini, il datore non può prendere accordi segreti coi sindacati per controllare i dipendenti che rubano senza che questi ultimi ne sappiano nulla.   

Non in ultimo, il datore di lavoro deve:

  • nominare un incaricato della gestione dei dati registrati dall’impianto di videosorveglianza in modo da tutelare la privacy di coloro che vengono ripresi;
  • conservare le immagini raccolte solo per un massimo di 24 ore dalla rilevazione (salvo speciali esigenze).

note

[1] Art. 4 legge n. 300/1970, cosiddetto Statuto dei Lavoratori

[2] Cass. sent. n. 50919/2019.

FONTE: https://bit.ly/2PwFAjg

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