Domande & Risposte, Lavoro e Previdenza

Se rifiuto un rinnovo ho diritto alla disoccupazione?

No rinnovo, no NASpI

È scaduto il termine del tuo contratto di lavoro e l’azienda ti ha proposto un rinnovo? Il lavoro che fai però non ti piace, non ti trovi bene con i colleghi, oppure per motivi di salute non te la senti di proseguire il rapporto. Ti chiedi dunque: “Se rifiuto un rinnovo ho diritto alla disoccupazione?”. Forse non sai che rifiutando perdi il diritto alla Naspi, l’indennità di disoccupazione. La cessazione del contratto a termine, infatti, si considera come perdita involontaria del lavoroa al pari del licenziamento o delle dimissioni per giusta causa, solo in caso di mancato rinnovo del contratto e non anche in caso di tuo rifiuto ad una proposta di rinnovo. Pertanto, la Naspi spetta dopo il contratto a termine, se alla scadenza il datore di lavoro non lo rinnova o non lo trasforma a tempo indeterminato, sussistendo i requisiti minimi (13 settimane di contributi negli ultimi 4 anni e 30 giornate lavorate nell’anno). Vediamo dunque come funziona la NASpI in caso di cessazione di un contratto a tempo determinato e cosa conviene fare per evitare di perderne il diritto.

Il diritto alla NASpI

La NASpI rappresenta una misura a sostegno del reddito per coloro che, senza colpa, perdano il posto di lavoro.
È infatti necessario che l’interessato si trovi in stato di disoccupazione: deve, cioè, aver perso l’impiego involontariamente ed aver reso la dichiarazione d’immediata disponibilità (al lavoro ed agli interventi di politiche attive del lavoro: formazione, orientamento, riqualificazione), all’Inps (online o tramite patronato), al centro per l’impiego o presso il portale Anpal.
Oltre allo stato di disoccupazione, per avere diritto all’indennità Naspi sono necessarie almeno 13 settimane di contributi versate negli ultimi 4 anni, purché non abbiano già dato luogo a un periodo di disoccupazione indennizzata. Ad esempio: se il lavoratore ha alle spalle 6 mesi di contributi, corrispondenti a 26 settimane, ma, di queste, 20 settimane sono relative a un rapporto di lavoro intervenuto precedentemente, che ha già dato luogo a una precedente indennità di disoccupazione, il lavoratore ha solo 6 settimane utili ai fini Naspi.
Oltre ad una soglia minima contributiva, ai fini del diritto alla NASpI è necessario infine aver maturato un numero minimo di giornate lavorative effettive: sono infatti necessarie 30 giornate di effettivo lavoro nell’anno.

La perdita involontaria del posto di lavoro

Per perdita involontaria del posto di lavoro si intendono tutti quei casi in cui il lavoratore, senza colpa, si trova privo di occupazione.
Ciò può accadere in caso di licenziamento o di dimissioni per giusta causa, ma anche in caso di mancato rinnovo di un contratto a termine.
Anche la cessazione del rapporto a termine dà infatti diritto alla NASpI, purché però la perdita dell’occupazione non dipenda dalla volontà del lavoratore.
Ci si riferisce al mancato rinnovo del contratto a termine: se questo avviene per volontà del datore, si avrà diritto alla NASpI, mentre se è il lavoratore a rifiutare una proposta aziendale di rinnovo, il diritto alla NASpI si perde.
In questa ultima ipotesi, infatti, il lavoratore rifiuta volontariamente un posto di lavoro, dunque non perde incolpevolmente l’occupazione.
Per evitare il rinnovo e ottenere comunque la NASpI conviene allora concordare con il datore di essere licenziati e sottoscrivere in sede protetta (ossia in sede sindacale o presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro) un impegno a non impugnare il licenziamento.

La misura della NASpI per i lavoratori a termine

Il calcolo dell’ammontare mensile dell’indennità Naspi si ottiene:

  • sommando gli imponibili previdenziali (in busta paga, sotto la voce imponibile Inps) degli ultimi 4 anni, comprensivi degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive;
  • dividendo il risultato per le settimane di contribuzione, indipendentemente dalla verifica del minimale (nel calcolo sono considerate tutte le settimane, indipendentemente dal fatto che esse siano interamente o parzialmente retribuite);
  • moltiplicando il tutto per 4,33.

Se l’importo ottenuto è pari o inferiore a 1.208,15 euro, l’indennità ammonta al 75% di questo importo; se è superiore si aggiunge anche il 25% della differenza tra l’imponibile e 1.208,15 euro.

La Naspi non può mai superare, comunque, 1.314,30 euro mensili.
L’indennità diminuisce del 3% al mese, a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione.
Il calcolo è lo stesso indipendentemente dalla tipologia di contratto di lavoro subordinato, a termine o a tempo indeterminato cessato.

La durata della NASpI per i lavoratori a termine

Cessato il rapporto a termine, l’interessato riceve l’indennità per un numero di settimane pari alla metà di quelle coperte da contribuzione negli ultimi 4 anni, a prescindere dal tipo di contratto di lavoro, a termine o a tempo indeterminato.

La domanda di NASpI

La domanda Naspi deve essere inviata entro 68 giorni dalla perdita dell’impiego.
I lavoratori a termine, dunque, devono inviare la domanda entro 68 giorni dalla cessazione del contratto, se non rinnovato o trasformato.
Se il lavoratore possiede le credenziali (il pin) per l’accesso ai servizi web dell’Inps, sarà lo stesso istituto ad avvertirlo di aver diritto alla prestazione e a rendere disponibile un modulo online precompilato per richiederla.
Altrimenti ci si può recare ad un patronato ed affidare ai competenti impiegati la compilazione e l’invio della domanda di disoccupazione.

FONTE: https://bit.ly/3mp8FKW

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